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Il j'accuse di Antonio Morabito contro le case farmaceutiche

Il venditore di medicine

Ben scelti ed in parte gli attori


di Barbara Rollo


Un Claudio Santamaria asciutto, come probabilmente il regista Antonio Morabito gli ha chiesto di essere per esprimere cupezza, scaltrezza e rassegnazione, è il protagonista del film “Il venditore di medicine”, pellicola già vista al Festival di Roma. È un informatore medico per una società farmaceutica in difficoltà a causa di un calo nelle vendite e quindi nei profitti. Nel film, i medici, le cure e i pazienti hanno un valore in quanto strumentali all’arricchimento della società farmaceutica e l’innovazione di farmaci già in commercio tende a essere effettuata per aumentare le vendite anziché l’efficacia terapeutica dei medesimi. Il protagonista non si pone interrogativi al riguardo ed è pronto a moltiplicare gli sforzi per garantire gli interessi della propria società quand’anche l’ambiente di lavoro diventi scoraggiante e minaccioso. Al di fuori di tale ambiente, la vita del protagonista appare serena e promettente. I colloqui con un collega più anziano e un amico malato potrebbero farlo reagire. L’insicurezza generata dalla paura di perdere il posto di lavoro impedisce tuttavia al protagonista di farsi forza per affrontare la sua crisi, e quella dell’ambiente circostante, sulla base di valori e interessi diversi da quelli promossi e imposti dalla sua società nella persona della capoarea, una convincente Isabella Ferrari. Questa per aiutarlo lo incita a sfidare l’incorruttibilità di un potente primario, un inaspettato ma appropriato Marco Travaglio.



Esistono alternative o eccezioni al percorso verso il degrado dei sentimenti e valori che il lavoro in un’organizzazione aziendale orientata alla massimizzazione del profitto, con qualunque mezzo, pare implicare? “Il venditore di medicine” è un film sulla “crisi” dovuta al malcostume. La sua visione suscita una certa inappetenza benefica – soprattutto a partire dalla scena della “minestra” – di ciò che tende a essere ritenuto irrinunciabile. Per rendere il film funzionale a un ripensamento effettivo dei valori e interessi del nostro tempo, i passaggi di scena tra la vita lavorativa e quella affettiva avrebbero potuto essere però più integrati e fluidi.

giudizio: **



(Martedì 13 Maggio 2014)


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