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Il solito futuro dispotico, ma con una marcia in più

Maze Runner

Il destino dell'umanità nelle mani di un gruppo di ragazzi tribali


di Roberto Leggio


Cosa si cela al di là del muro? Domanda chiave per un gruppo di ragazzi (tutti maschi), a cui è stata cancellata (in parte) la memoria, relegati in una verdissima radura circondata da un muro altissimo nel quale è posto un portone enorme aperto solo di giorno, da cui all'interno vi è un labirinto immenso, abitato nottetempo da “divoratori”, esseri mostruosi di cui sentiamo solo le urla fameliche. Thomas è uno di loro. Anch'egli è giunto nella radura dopo un viaggio in solitaria dentro un'ascensore di ferro, senza un ricordo del sé (anche se qualche sprazzo della sua vita precedente è ricorrente nei suoi sogni), apprende a poco a poco quel di concreto c'è da sapere sulle leggi (poche ma ferree) della comunità , compreso che solo a pochi “runner” è permesso entrare nel labirinto e mapparlo per cercare una via d'uscita. Il resto è solo superfluo. Thomas però è un curiosa e la curiosità può essere pericolosa. Ben presto però, qualcosa inizia a cambiare quando dal buco del terreno (e dall'ascensore da cui sono arrivati tutti), giunge una ragazza e i portoni vengono lasciati aperti anche di notte scatenando i “divoratori”. Quello che accadrà nelle ore seguenti sarà tremendo e illuminante. La realtà dall'altra parte (oltre il labirinto, si intende) è qualcosa di inimmaginabile, legato alla sopravvivenza dell'intera razza umana.


Il futuro dispotico è nascosto oltre le pareti di un labirinto semovente con mostri applicati. Detta così sembra una semplificazione dal romanzo di formazione (si diventa adulti facendo scelte coraggiose), tratto dalla trilogia di James Dashner ed invece è quello che non ti aspetti. Anche se le derivazioni della trama sono molteplici. La prima cosa che viene in mente è la crudeltà asimmetrica de Il Signore delle Mosche (giovanissimi destinati a sopravvivere in una natura lussureggiante come Dei pagani), ma anche Lost (le grida che provengono dal labirinto) e quindi tutto è riferibile ad altro. Quell'altro è una mente manipolatoria che proviene da The Cube (le pareti semoventi, ad esempio) e da un laboratorio che porta a pensare ad un “esperimento” molto più astratto. E se vogliamo ci possiamo mettere anche Hunger Games, anche se la sopravvivenza non permette gloria e comunicazione. Su tutto questo, impera una utopia asservita ad una violenza psicologica in cui “la forza dell'intuito” è la chiave per porre nuove basi all'umanità. Così la contrario di tutti i predecessori e gli archetipi del genere, Maze Runner si guadagna il plauso per essere un film godibile, senza l'uso di tanti effetti speciali “ingombranti”, con una suspense (con i suoi limiti) che lascia attaccati alla poltrona. Il debutto di Wes Ball(specializzato in effetti visivi) è di buon auspicio così da far sperare anche nell'eventuale seguito, tra l'altro già in pre-produzione.

Giudizio: **1/2



(Domenica 12 Ottobre 2014)


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