 La poesia della trincea torneranno i prati In una notte stellata, tre anni di guerra
di Roberto Leggio In una notte di luna piena, in un avamposto di alta montagna alcuni soldati aspettano il sorgere del sole, cercando di restare vivi. Nell'attesa arriva un maggiore assieme con un tenentino, portando ordini dall'alto. C'è da sistemare un posto di osservazione dodici passi più in là, dietro il filo spinato a pochi metri dalla trincea austriaca tenuta sotto tiro da ottimi cecchini. Il capitano della guarnigione tenta di opporsi, sapendo di mandare i suoi uomini a morte sicura, mentre il gelo cala sul piccolo rifugio. I soldati si interrogano sulla vita e sulla morte, mentre qualcuno tenta di cibare un topolino. La notte si riempie di bengala. I soldati si piazzano in attesa di un assalto. L'artiglieria nemica martella con mortai. Alcuni muoiono sul posto. Altri alle prime luci del mattino sono costretti a ripiegare. Chi rimane, nel silenzio della montagne è costretto ad ammettere: La guerra è una brutta bestia che gira il mondo e non si ferma mai!

A cento anni dalla fine della prima guerra mondiale, Ermanno Olmi dedica una poesia visiva a tutti quei giovani che caddero sulle montagne del Trentino e del Veneto in una guerra di povera gente contro povera gente. E lo fa con un film secco, profondo, intimo, dove il gelo racchiude l'insensatezza di un conflitto portato avanti da ufficiali inetti e retorici (tutti provenienti dall'aristocrazia) poco propensi a salvaguardare la vita della truppa, formata esclusivamente da popolani, la maggior parte senza cultura, ma spinti da un innegabile amor patrio. Ed è proprio su questo piano che si incentra la narrazione di Olmi, mostrare il tradimento nei confronti delle classi sociali meno agiate, mandate al macello per un uso irrazionale della gerarchia e per un esasperata disciplina militare. Si tratta quindi di un film importante, dove la guerra è più psicologica che combattuta. Un film di guerra, senza assalti alla baionetta, fucilate, sangue e morti violente; ma dosato attraverso la contemplazione del gelo, della natura circostante (e della sua muta testimonianza), di lunghe attese, di molliche di pane, gavette gelate, sguardi, parole sussurrate e pensieri profondi sulla vita e la morte. Un apologo magistrale sull'inutilità di qualsiasi conflitto, dove sono forti gli echi da Remarque, Lussu e Rigoni Stern. Una notte fredda e stellata, quindi, che racchiude tutti i tre anni di guerra, dove anche la speranza è cancellata via e di cui, una volta che le armi avranno taciuto per sempre si sarà persa la memoria.
Giudizio ****

(Mercoledì 5 Novembre 2014)
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