 Hunger Games, boring end... Hunger Games: Il canto della Rivola parte 1 Parolaio apologo sulla propaganda (di guerra)
di Roberto Leggio Non più giochi. Questa volta è guerra. Salvata e rimessa a nuovo, Katniss Evergreen, si risveglia nella base segreta dei ribelli del 13 distretto. Qui scopre che Peeta (l'altro tributo, suo alleato e vistosamente innamorato di lei) è tenuto prigioniero a Capital City, dove viene usato come arma di propaganda (gli hanno fatto il lavaggio del cervello) per far desistere alla rivolta gli abitanti vessati di Panem. Sotto la guida della presidente Coin (una donna algida, politicante nata) e dell'esperto della comunicazione Plutarch, Katniss viene promossa come “simbolo” della rivolta (La Ghiandaia Imitatrice), per convincere tutti gli altri distretti a sollevarsi (in una sorta di Quarto Stato) e unirsi all'assalto della Capitale. Tra video-spot su green screen (e macerie), bandiere, pugni alzati e slogan “spiritati” (e indotti) da salotti buoni; lo scontro tra le due fazioni ha inizio. Quando però Peeta verrà liberato con un raid nella città nemica, la verità verrà a galla: il ragazzo è stato “addestrato” ad uccidere la ragazza. Come finirà? Lo sapremo alla prossima puntata....

Il troppo stroppia. Le terza parte degli Hunger Games (espansa e suddivisa in due tronconi per far aumentare gli incassi), perde la sfida tra i “tributi” e si sostiene sulla preparazione di una guerra “sociale” contro la tirannide di Capital City (in inglese solo Capital) e del presidente Snow. Le tattiche però si dilungano ed il film, senza vere scene di azione, si appiattisce in lunghi dialoghi, dubbi amletici della protagonista e soprattutto sulla guerra “mediatica” (e di nervi) tra le due fazioni in campo. Si, perché nel dispotico futuro inventato dalla Collins, la comunicazione è il nocciolo della questione. Lo era nei due episodi precedenti (Katniss e Peeta, guerrieri, amanti o qualcos'altro, con le loro azioni, la loro sopravvivenza nell'arena si ergono ad arma mediatica per aprire gli occhi alla popolazione vessata) e lo è di più qui, in quanto chi controlla La Ragazza di Fuoco, controlla il potere e di conseguenza anche il popolo assoggettato. La confronto a questo punto, più che “armato”, procede “mediatico” tra i video-spot di Katniss in tenuta da guerra su macerie fumanti per una chiamata alla rivolta; e quelli più rilassati ma altamente inquietanti del Presidente Snow che dovrebbero sfiduciare i ribelli. E' una gara di “nervi”, giocata su una scacchiera di propaganda televisiva, che se da una parte porta alcune vittorie; dall'altra c'è sempre una contromossa più “esasperante”. Città vengono rase al suolo, vittime innocenti che perdono la vita; mentre in un buco del terreno i rivoltosi assistono quasi senza reagire (se non a parole) al massacro in corso. Questo terzo episodio della saga, quindi, procede per addendi, senza grandi sbalzi di tensione, portandoci ad un finale sospeso (e al suo seguito) che si spera davvero “scoppiettante”. Chi si aspettava un film energico verrà ampiamente deluso, e non basta la boiata della freccia esplosiva che abbatte un caccia aereo. Resta da dire che il centro “dell'azione” è sempre (e solo) Jennifer Lawrence, capace da sola di trascinare tutto il film (anche se passa molte del suo tempo davanti allo schermo di un televisore sorreggendosi la testa cercando di capire l'evolversi degli eventi). Segnale evidente di essere davvero una giovane attrice capace e raffinata.
Giudizio: *1/2

(Martedì 18 Novembre 2014)
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