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Chiusa definitiva dell'epica Tolkeniana

Lo Hobbit – La battaglia delle Cinque Armate

Tutto quello che ha un inizio ha una fine


di Roberto Leggio


Bilbo Baggins, l'avidità dell'oro e la grande battaglia. Il Drago Smaug, incattivitosi per essere stato risvegliato dal suo “sonno dorato” (e dagli indovinelli del piccolo Hobbit); parte alla distruzione di Pontelungo con lo scopo di ridurre in cenere la città sul fiume ed i suoi abitanti. Nel caos che ne segue (fughe disperate e cupidigia di pochi) solo Bard l'arciere risolve la situazione: con una immensa freccia penetra l'unico punto scoperto della scorza del Drago, riuscendo in extremis a salvare il salvabile. Nella Montagna liberata, intanto il nano Thorin Schdodiquercia, viene investito dall'avidità per aver rimesso mano all'oro del Drago, facendogli perdere momentaneamente la ragione. Per evitare un conflitto che coinvolgerebbe Elfi ed Umani (accorsi alla Montagna per vedere rispettato il patto con i Nani), Bilbo Baggins, ha rubato l'Arkengemma, così da fare da pacere tra gli eserciti in campo. Dopo una estenuante trattativa (nella quale un esercito di Nani è arrivato a difendere i loro simili), gli Orchi comandati dal mutilato Azog decidono di attaccare per imporre un nuovo stato delle cose. Elfi, Umani, Nani, Troll Spaccamontagne e Aquile si ritrovano così a combattere una immane inevitabile battaglia.


Giunto alla sua naturale conclusione, questo terzo episodio dell'ipertrofica trilogia de Lo Hobbit (gonfiata a dismisura calligrafica da un unico romanzo di 300 pagine), si avvale di uno sviluppo totalmente rutilante, rendendolo forse il migliore dell'ultima serie. Il ritmo sincopato da forma e sostanza ad un film, dove, come negli episodi precedenti di questa seconda trilogia, il gigantismo trascuri la metafora tolkeniana, nella quale sono proprio le cose più piccole ad essere le più importanti. Così, tralasciando certi tedi che ci hanno accompagnato fino ad esso, eccoci in un'opera che da ragione al titolo, con uomini, elfi, nani ed orchi, tutti a confrontarsi in una “magistrale” resa dei conti, che segnerà il futuro della Terra di Mezzo fino al viaggio di Frodo per distruggere per sempre l'Anello del Potere. Peter Jackson, su questo piano è abilissimo a ristabilire l'ordine della storia, chiudendo il cerchio, terminando con una geniale raccordo con Il Signore degli Anelli. Sul piano formale il film rincorre ancora il 3D espanso, rendendolo però meno invasivo del solito, cosicché (nonostante il profluvio di effetti speciali) quella sensazione di falsità iperealista venga meno. Gli ipercritici sulla natura epigrafica dell'opera, qui troveranno ancora materia su cui discutere (il sentimento d'amore che lega l'elfa Turiel al nano Kili, la mancanza di leggerezza del romanzo originale), ma ormai dopo tanto sudore, fuoco, fiamme e ardimento, qualsiasi ulteriore puntiglio viene meno. Anche perché la versatilità di Jackson, nel dirigere la sua opera immane (che alla fine consta in sei indissolubili capitoli) resta sempre vivace e creativa, da far riflettere qualsiasi detrattore. Alla chiusura di questa trilogia, che sia piaciuta o meno, una domanda sorge spontanea: dopo tanto rutilare fantasy ci dovremmo aspettare una futura trasposizione da Il Silmarillon?

Giudizio **1/2



(Mercoledì 17 Dicembre 2014)


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