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Quando la scuola apre le porte dell'indipendenza

La Squola di Babele

Per una migliore convivenza comune


di Roberto Leggio


Oltre il giardino, una nuova società. Provengono da molti paesi nel mondo e scappano da guerre, carestie, violenze e sopraffazioni. Sono ragazzi tra gli undici e quindici anni e si ritrovano tutti assieme a studiare in una delle tante scuole d'accoglienza a Parigi, per imparare il francese. Al termine dell'anno, i loro progressi saranno valutati e decideranno in quale classe e scuola “nornale” verranno inseriti. Per tutti sarà una bella avventura che spazza via fin dall'inizio le differenze di origine, cultura, mettendoli sempre a confronto con la loro voglia di trasformarsi in nuovi europei.


L'integrazione parte soprattutto dalla scuola. Questo è il succo del bel documentario di Julie Bertucelli, girato in diretta durante un completo anno, in una delle tantissime classi di accoglienza che esistono in Francia. Il melting pot che compongo il gruppo di ragazzi che vediamo sui banchi di scuola è quanto mani vario ed è portatore di storie di sopraffazione, fughe e ricerca di normalità. La lingua è lo scoglio preponderante, ma ci sono anche da superare le diverse aspettative e la necessità di raccontarsi per potersi inserire nella società francese così da poterne farne parte senza compromessi. Naturalmente una normalità difficilmente sarà possibile (molti sono separati da genitori rimasti nei loro paesi d'origine), anche perché alcuni di loro, oltre alle problematiche dell'adolescenza, comprendono anche la diversità di pelle, cultura, lavoro per potersi mantenere e mille altre cose non li faranno mai accettare nel miglior modo possibile. Voce “ribelle” e vera è quella di Rama, adolescente mauritana che si scontra quotidianamente con il suo essere “nera”, cioè non accettata e non capita tra le mura scolastiche. Il suo è il grido di tanti immigrati andati a vivere in Francia, che vivono sulla propria carne il peso del pregiudizio. I timori di Rama sono la conseguenza di un passato di maltrattamenti (viveva in Senegal con il padre) senza poter andare a scuola e nell'imminente futuro (se riuscirà ad essere inserita in una classe normale) poter studiare da medico e diventare finalmente una donna libera. Ma come lei lo sono tutti i suoi compagni provenienti dall'Irlanda, Brasile, Marocco, Cina, Senegal, Libano, che dovranno dimostrare di poter convivere assieme e assieme costruire la società del futuro. La loro è una grossa responsabilità e il lavoro della Betuncelli lo dimostra a dovere, laddove ci potrebbero essere anche differenze religiose: “Non sappiamo neanche se Dio esiste!”; dice ad certo punto una ragazza. La forza del documentario è proprio questo, mettere in discussione anche un argomento spinoso come questo. E solo in una scuola laica sarebbe potuto accadere. La scuola d'accoglienza, anche se sulle prima può sembrare un po' ghettizzante è invece un bel punto di partenza per rafforzare i ragazzi a comprendere una lingua comune e il loro nuovo paese. Essere quindi nuovi “francesi”, europei in tutti i sensi.

Giudizio **1/2



(Giovedì 23 Aprile 2015)


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