 Il senso di colpa e la perdita dell’innocenza Ritorno alla Vita Un dramma freddo e molto formale
di Roberto Leggio Il senso di colpa e la perdita dell’innocenza. Thomas è un giovane scrittore in crisi. Soffre la pesantezza dell’essere non sentendosi amato dal suo pubblico. Bloccato nel limbo dei mediocri, cerca ispirazione nel freddo di un lago ghiacciato ai margini dell’Ontario. La sua vita cambia improvvisa, quando per una distrazione investe accidentalmente un bambino su una slitta. Da quel momento il suo “io” interiore inizia un tumultuoso percorso che lo allontanerà dapprima dalla fidanzata un po’ troppo ordinaria ma lo farà sbocciare scrittore di successo, sempre però appesantito dai sensi di colpa. A poco servirà anni dopo, ricominciare con una nuova compagna e la figlia adottiva, se non con la misteriosa e solitaria madre del bambino ucciso con la quale ha un rapporto quasi spirituale. Il passare del tempo sanerà ferite e porterà nuove gioie e darà fine al lungo inverno dei sentimenti spezzati.

L’esistenzialismo è la metrica formale di Wim Wenders. L’ha dimostrato sin dagli esordi, arrivando al capolavoro Il Cielo Sopra Berlino, dove un angelo, dall’alto della sua incorporeità, guarda il genere umano e ne resta affascinato, così tanto da provare sulla sua pelle cosa vuol dire vivere e morire. Il formalismo e il dramma del vivere è il fulcro del suo nuovo film di finzione giunto dopo anni di documentari (Pina, Il Sale della Terra) e ricerche stilistiche. La vicenda umana lunga undici anni di Thomas, scrittore in crisi con se stesso e con il dramma di un omicidio involontario, sono la cartina al tornasole di una carriera da sempre puntata all’introspezione. Peccato però che il film si dilunghi più del dovuto sul malessere che farà famoso lo scrittore e renderà monca la vita di una madre e di un fratello nei confronti di un lutto inaccettabile. Tutto è filtrato attraverso gli occhi di Thomas, i quali vedono il mondo deformarsi attorno a lui, non senza lasciare tracce indelebili: una ragazza che lo ama e si lascerà lasciare, una nuova compagna della quale adotterà una figlia, il successo che sboccia improvviso solo dopo aver narrato, con un altro io “l’inverno” della propria esistenza. Di contrappasso il rapporto quasi psicoanalitico con la donna alla quale ha tolto un figlio piccolo. Ma la drammaturgia dell’opera di Wenders resta sospesa, miope nell’affrontare i dolori dei protagonisti, così da rendere il tutto un po’ troppo estraneo e freddo nelle emozioni. E anche la scelta del 3D, per penetrare nel profondo dell’intimo dei protagonisti, non rendono giustizia ad un film sperimentale e un po’ troppo velleitario. Che per un autore come Wim Wenders è un peccato quasi mortale.
Giudizio: **

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(Mercoledì 23 Settembre 2015)
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