 La natura selvaggia e la bestialità dell'uomo The Revenant Epica di sopravvivenza e vendetta
di Roberto Leggio Sopravvivere a se stesso e alla natura selvaggia. Nel freddo del South Dakota negli anni '20 del diciannovesimo secolo, una spedizione di cacciatori di pellicce viene massacrata dagli indiani Ree. Gli unici che possono riportare al forte i pochi sopravvissuti sono la guida Hugh Glass e il suo figlio adolescente Hawk, avuto da una indiana Pawnee. Dopo aver risalito il fiume Missouri, Glass viene attaccato da un Grizzly e abbandonato in fin di vita dai propri compagni. Sopravvissuto in condizioni pietose, grazie alla sua voglia di vendetta e dalla forza del proprio spirito, l'uomo resiste al gelo e alle sofferenze, con l'unico desiderio di fare giustizia.

Soggettiva di morte, resurrezione, sopravvivenza e caparbietà tra la neve ed il ghiaccio delle montagne del Missouri del 1821. Alejandro Inarritu regista messicano diventato “grandissimo” si inventa Malick nel mostrare l'anima terribile della natura selvaggia che osserva e giudica l'”animalità” dell'essere umano, per forza di cose più brutale e feroce della natura stessa, in un periodo in cui gli Stati Uniti non erano ancora tali, ma una terra di nessuno in cui le pelli degli animali cacciati erano la moneta di scambio per una “futura” ingiusta civiltà. Da una parte voraci cacciatori di pellicce, dall'altra indiani (giustamente) arrabbiati, già allora massacrati da coloni americani e francesi. Nel mezzo un uomo, uno scout,spinto dalla forza della volontà di vivere ad ogni costo per portare a casa la vendetta personale nei confronti di chi l'ha abbandonato e ucciso il figlio indiano sotto i suoi occhi. Una vera storia estrema (Hugh Glass è una leggenda della colonizzazione del West) che aveva già generato negli anni '70 Uomo Bianco va con il tuo Dio con Richard Harrys e John Houston; senza contare che in parte la vicenda era stata perfino disegnata da Rino Albertarelli più o meno in quel periodo mischiandola alla vita dell'esploratore Jed Smith. In pratica un mito americano con un grandissimo Leonardo Di Caprio che si mimetizza con sforzo sovrumano nella pelle dell'ostinato Trapper, concedendosi al gelo di una natura primitiva e bellissima crudelmente fotografata da Emmanuel Lubezki. Capolavoro esistenziale come pochi ce ne sono in giro. In una parola: imperdibile.
Giudizio ****

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(Mercoledì 20 Gennaio 2016)
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