 Analisi di un visionario in tre atti Steve Jobs Genio o carogna senza pari?
di Roberto Leggio Il sogno del millennio. 1984, Steve Jobs, lupetto nero e jeans, sta per lanciare il primo Macintosh, personal computer che cambierà per sempre le nostre vite, ma che non sfondò nel mercato. Poi nel 1988, cacciato dalla Apple (che lui stesso aveva creato), immette sul mercato il cubo “Next” con il sistema Mac Os (anch'egli non eccezionale), fino all'entrata in scena dell'IMac, il computer compatto che rivoluzionò i personal computer fino ad adesso. Tre momenti topici in quattordici anni in cui Jobs, scortato nei backstage dalla sua fedelissima segretaria Johanna Hoffman, mostra al mondo le sue invenzioni, scontrandosi con gli imprevisti del destino, famigliari e aziendali. Il mito prima dell'uomo, si condensa la sua evoluzione di genio visionario, ma anche carogna senza pari.

Analisi di un genio in tre atti. Come in un dramma shakespeariano la vita di Steve Jobs viene analizzata attraverso le sue sconfitte e le sue “piccole” (ma fantastiche) vittorie. Forse non c’era altro modo per raccontare l’uomo che ci ha lanciati nel XXI secolo, in quanto alla fine ricorderemo solo gli “oggetti” che egli ha sognato ed ha inventato; che la sua vita, grama seppur geniale. Uomo di grandissima ambizione, che ha vissuto nel mito di apportare migliorie nella vita di tutti i giorni attraverso il “suo” computer e derivati. “Butta via quel walkman, un giorno riuscirò a farti sentire migliaia di pezzi senza farti portare un armadio del genere”. Una frase che forse racconta meglio il suo genio come nessun altro. Ma mostra anche la sua feroce “inumanità” nei confronti di chi lo aiutò a fondare la Apple (l'ex socio Steve Wozniak) e l'anaffettività nei confronti dell'ex fidanzata e di sua figlia (dapprima non riconosciuta, poi amata come l'unica donna della Terra). Una struttura teatrale e talmente sfaccettata da ragionare sull'essere Jobs, come uomo del secolo ma anche stronzo totale. Ed è proprio questa costruzione a mettere in luce le “vite” di Jobs (in fondo una sola dedicata alle invenzioni al “pensiero differente”) che rende il film un po' ripetitivo, ma in fondo originale. Tre atti “evolutivi” spalmati nell'arco di 14 anni in cui Steve Jobs diventa un'icona del nuovo millennio, passando dal fallimentare lancio del MacIntosh, il provocatorio sistema Next e l'innovativo Imac. Tre “passi” di danza nella commedia (o dramma) della vita di un genio pieno di luci e di ombre che solo in una sequenza si permette di dire “forse sono stato fatto male”. Micheal Fassbender (candidato all'Oscar) rende il personaggio con piglio sicuro e antipatico, ma non gli è da meno la sua segretaria, assistente, parafulmine Kate Winslet, che a meno di grandi sorprese dovrebbe accaparrarsi il premio Oscar come miglior attrice non protagonista. Il resto è un film intenso, con pochi picchi di sceneggiatura, ma affilato come una lama, che esclude l'ode e fa emergere l'uomo Jobs.
Giudizio **1/2

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(Giovedì 21 Gennaio 2016)
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