Einar Wegener è un illustre pittore vedutista nella Danimarca negli anni '20, che con la moglie Gerda forma una coppia indissolubile. Grazie ad innocente gioco erotico e convinto dalla consorte a posare per lei vestito da donna; a completamento di un ritratto di una ballerina, qualcosa cambia nella sua vita. Sempre più attratto dagli abiti femminili, Einar inizia pian piano a prendere coscienza di “vestire” un corpo non suo, mutuando il nome in Lili Elbe. Disperato in perenne bilico tra due entità separate e sempre meno attratto da Gerda che ha difficoltà di comprende la sua crisi esistenziale; Einar inizia la difficile accettazione del suo nuovo se. Fuggito da medici che lo diagnosticano schizofrenico, aiutato e supportato dalla moglie che non smette di restargli accanto, Einar tenta il primo intervento per il cambiamento di sesso. Ma l'operazione mai tentata prima è a livello sperimentale e i rischi da correre sono enormi.
Trasgender ante-litteram, Lili Elbe era un pittore vedutista danese. In tempi non sospetti, quando ancora l'omosessualità era considerata una malattia mentale, si traveste da donna e qualcosa dentro di lui cambia, tanto da scoprire il suo (in fondo mal celato) lato nascosto. Il dramma che lo coinvolge assieme alla sua amatissima moglie Gerda Wegener (poi amica a cui confessare tutto) si spalma fra Copenhagen e Parigi negli anni della bella epoque, tra feste, lustrini, vernissage, amori impossibili e ospedali. Storia vera, complessa e triste risulta alla fine uno sbiadito polpettone sentimentale. Tenendosi lontano dal patetismo ma dipingendo il dramma con tocchi pittorici, Tom Hopper, regista di corpi in “transizione” (suo il bellissimo Il Discorso del Re), con il solito stile elegante non riesce ad esplorare fino in fondo il mondo interiore dei due protagonisti, limitandosi a riprenderli quasi sempre in primo piano, dove le lacrime spesso sgorgano da occhi lucidi. Il film non graffia e non disturba, incapace di entrare nelle maglie della crisi di identità di un essere umano costretto a vivere in un corpo alieno. L'accettazione sessuale del primo caso di “riassegnazione” transessuale è lasciata più alle emozioni del pubblico che in quelle espresse dal bravissimo Eddie Redmayne, che con i piccoli gesti (la leggerezza delle mani, il lento inclinare del capo, i sorrisi) rende magnifica la figura di Lili. Ma a restare impresso nella memoria è la possente interpretazione di Alicia Vikander, moglie/amica devastata dalla perdita del marito Einar, che grazie al suo grande senso di emancipazione farà di tutto pur di renderlo felice e le sarà vicino nella sua “irreversibile” mutazione fisica.
Giudizio: **
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