 Ottavia Piccolo insegna il diritto alla dignità del lavoro 7 minuti Al teatro Argentina di Roma lo spettacolo diretto da Alessandro Gassmann
di Oriana Maerini Quanto valgono 7 minuti nella vita di una persona? Molto se rappresentano una minaccia ai diritti acquisiti delle lavoratrici. Questa è la tesi di Bianca (Ottavia Piccolo) nel dramma teatrale "7 minuti" visto al teatro Argentina di Roma. Lo spettacolo, tratto dall'omonimo testo di Stefano Massini (7 minuti Consiglio di fabbrica pubblicato da Einaudi) prende spunto da un fatto realmente accaduto: nel 2012 in una fabbrica tessile di Yssingeaux nell’Alta Loira, le operaie decisero di ribellarsi alla richiesta dei nuovi proprietari che chiedevano loro un taglio di 7 minuti su di un intervallo di 15, considerandolo come una attacco alla loro dignità lavorativa e come precedente per lo scadimento dei diritti acquisiti in senso più universale. Stefano Massini, autore da sempre votato alle tematiche impegnate, ha imbastito una pièce costruita su 11 personaggi, ovvero un gruppo di operaie tessili, che esprimono e sviscerano, all'interno di un consiglio di fabbrica, il dilemma dell'accettazione o meno dell’ennesima vessazione padronale avendo alle spalle la paura della perdita del lavoro.

7 minuti è un'opera di teatro civile per la straordinaria attualità del tema e per il modo in cui esprime le rovinose impotenze del nostro tempo. "Oggi la paura è ovunque" declama una straordinaria Ottavia Piccolo che, nei panni della portavoce delle operaie, rivendica il diritto di rifiutare l'accordo rispondendo alla sua collega extracomunitaria che racconta del suo vissuto nel paese d'origine. E' la paura di perdere il posto di lavoro che aleggia in questi nostri tempi dove il diritto al lavoro è diventato quasi un lusso. Da qui lo scontro generazionale (fra operaie appena assunte e operaie anziane) e lo scontro etnico (fra le operaie nazionali e quelle venute da lontano) . Lo scontro fra chi non vuole cedere ai ricatti e tenere alta dignità del lavoratore e fra chi teme di ritornare ad un passato di povertà incline a subire ingiustizie. Il testo è rappresentato attraverso un dialogo serrato fra le 11 donne che argomentano i pro e i contro con naturalezza e pathos sviscerando le proprie paure ed i propri vissuti personali in un caleidoscopio di opinioni, contraddizioni e sfumature di pensiero. Tutto in vista di una votazione che si fa quasi thriller, gioco di negazioni e affermazioni nel distacco via via più sfumato fra i si ed i no. Condivisibile la scelta dell’autore di lasciare il finale aperto, in cui ogni spettatore può immaginare la vittoria o la debacle di entrambi i fronti. Originale la regia di Alessandro Gassmann che ha deciso di ambientare il dramma, che si svolge dal tramonto all’alba, nello spogliatoio di una fabbrica con una scenografia scarna ma essenziale. Il regista usa l'escamotage di illuminare con la diverse tonalità di luce un finestrone per realizzare lo scorrere del tempo e i diversi ritmi del dramma. Innesti visivi personalizzano la regia (il conteggio dei minuti di lavoro persi proiettato sulla scena) donando un tocco di essenza cinematografica. Ottima anche la scelta delle attrici di diversa estrazione ma tutte accumunate da una recitazione fisica, di grande impatto scenico. Ogni attrice porta un dialetto ed un atteggiamento proprio che rappresentano la bellezza della diversità sociale della fabbrica odierna: donne turche, africane, dell'est europa, meridionali, madri, figlie, giovani e anziane. Ottavia Piccolo, con una recitazione passionale ma mai fuori le righe è una credibile madre coraggio, la coscienza storica della sinistra femminista che non vuole cedere ai soprusi. E' il passato glorioso di una generazione che si è battuta per i diritti civili e che non si piega di fronte ad un presente di negazioni.

(Sabato 20 Febbraio 2016)
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