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Nella Hollywood degli anni '50 qualcosa non funziona

Ave, Cesare!

Satira di un passato star system


di Roberto Leggio


La seriosa serietà della Hollywood anni '50. Eddie Mannix, quando non va a confessarsi è un fixer, cioè l'uomo giusto per trovare e risolvere i problemi degli attori che lavorano per un grande studio. Tenerli lontano dalla stampa scandalistica ed evitare gossip di ogni genere. Deve non far trapelare ad esempio gravidanze “improvvise”, far sparire foto osè, rimediare il forfait di un attore capace con un altro incompetente; e ritrovare il protagonista di un film su Gesù sparito nel nulla. La situazione è davvero complicata, perché lo scomparso è stato rapito da un gruppo di ferventi sceneggiatori comunisti, che attraverso di lui vorrebbero far valere i loro diritti di autori.


“Fede....” con questa ultima parola il centurione George Clooney dovrebbe terminare il peplum a cui sta lavorando. Fede, è per i fratelli Cohen la parola chiave per definire il loro amore per il cinema. Lo stesso che li ha “impregnati” per farli diventare la coppia di registi più irriverenti, geniali della Hollywood contemporanea. Ma sessanta anni fa era tutto diverso.... volendo più serioso. Così “ridendoci” su i due hanno raccontato la “loro“ Hollywood degli anni '50: piena di idioti e superficiali. Lo scopo è quello di ricordare che i padri “fondatori” della macchina dei sogni era un crogiolo di gente poco seria. C'è tutto quello che si sarebbe potuto trovare sui sets di quel tempo: peplum, western, dramma, acquatico di piscina, musical. Ogni genere con il proprio “idolo” capace o cane che sia. La storia passa proprio da questi personaggi, alcuni perfino incapaci di uscire dai ruoli che ricoprono nei film che interpretano. Lo scemo Clooney, romano folgorato sulla via del “capitale” e di Gesù, è tanto bravo quanto idiota; il cowboy mono espressivo, la Easter Williams di turno con un problema di figliolanza illegittima; registi parchi o maldestri nel tenere il set e soprattutto degli sceneggiatori seguaci di Herbert Marcuse in rivolta “comunista” per i bassi compensi. E poi un attore (pantografato su Gene Kelly) che si sente “sovietico” a tutti gli effetti. Insomma una allegra compagnia da tenere a bada per non far trapelare nulla alla stampa, evitando scandali e gossip a non finire. L'uomo cardine è anch'esso un personaggio da “commedia”, un tal Mannix (veramente esistito) che tra una confessione e l'altra, in ventiquattrore, deve gestire il “sogno” dello star system prima che imploda. Lo spirito anarchico dei Cohen mette tutti nel tritacarne, mettendo in dubbio il senso stesso di Hollywood. Ma la trama è talmente sgangherata che oltre a procedere per piccoli sketch si addensa su tutti e nessuno. Così a parte alcuni separietti davvero esilaranti (la recita granitica dell'eroe del west finito a recitare in un film drammatico; la riunione degli esponenti di tutte le religioni a garantire la non offesa del “Dio” Gesù sulla croce); il film abbaia ma non morde come dovrebbe. Anche la rivoluzione “rossa” è si piena di spirito, ma sembra più un escamotage per svelare il volto non “democratico” di Hollywood. La regia è come sempre perfetta, ma il tono scanzonato dell'operazione non basta a farne un capolavoro alla Cohen. Con molta più salacia e gradevole cattiveria Barton Fink metteva a nudo le malefatte del cinema americano. Ma a quel tempo (era il 1991) ci credevamo di più, adesso un po' meno.

Giudizio **




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(Venerdì 26 Febbraio 2016)


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