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Cosa c’è realmente là fuori?

10 Cloverfield Lane

Thriller di paranoia e sospetto


di Roberto Leggio


Di chi fidarsi? Michelle è stata appena mollata dal fidanzato. E’ in macchina e dopo un incidente perde i sensi e si risveglia in una cella con una gamba incatenata e un braccio attaccato ad una flebo. Chi l’ha salvata le dice che fuori il mondo come lo conosceva non esiste più. Forse per un attacco atomico o peggio per una invasione aliena. C’è da crederci se il tuo salvatore è una sorta di paranoico che vive rinchiuso nel suo bunker costruito per una apocalittica eventualità?


Ambiguo thriller claustrofobico pervaso dalla paranoia e dal sospetto, semina indizi a destra e manca per lasciar credere qualsiasi cosa. Anche perché fuori dal bunker il cielo è ancora azzurro anche se sul vetro temperato qualcuno ha inciso di foga “aiuto”. Di cosa si tratta allora? Un possibile attacco atomico? Di una “assurda” invasione aliena? Oppure siamo sulla strada già battuta di uno psicopatico che tiene prigioniere le sue prede? Il film con pochissimi dialoghi ma moltissima tensione emotiva, si snoda su queste tre possibilità, fino a quando, in un crescendo di colpi di scena si scopre l’arcano, che non è così efficace come si pensi. C’è da dire però che tutto è strutturato nello strano rapporto tra i tre personaggi “costretti” per forza degli eventi a convivere nel bunker antiatomico, personaggio anch’esso con i suoi silenzi, i suoi anfratti e le sue celle d’isolamento. Se una porzione del titolo riporta a quel capolavoro di fantascienza e basso costo, tutto girato in oggettiva dai vari protagonisti, qui si tratta di tutt’altra cosa, sebbene un collegamento (nel più largo senso del termine) con il prototipo esiste. Ma si tratta solo di uno snodo narrativo (non così geniale per la verità) per magari ampliare la storia per un ulteriore film. Ancora una volta produce J.J. Abrams e l’esordiente Dan Trachtenberg non sfigura nel mostrare la progressiva tensione che sorge tra lo strepitoso John Goodman e la bravissima Mary Elizabeth Winstead, ma tutta la paranoia accumulata svanisce con quel finale talmente sconnesso da lasciare interdetti. Perché allora giocare al gatto con il topo? Forse per dare estro a certi escamotage visivi per tenere alta la tensione anche se poi si esce dal cinema più frastornati che contenti.

Giudizio **1/2




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(Domenica 1 Maggio 2016)


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