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L'inevitabilità del destino di due donne

Julieta

Dolore, sensi di colpa e depressione in un thriller dei sentimenti


di Roberto Leggio


L'impossibilità di sfuggire al destino. Julieta è una ragazza dai capelli ossigenati che durante un viaggio in treno incontra l'uomo dei suoi sogni. Xoan è un pescatore bello e aitante, che ama l'essenza stessa delle donne, che le da una figlia Antia, bambina come tante altre, luce ed ombra della stessa madre. La stessa che trent'anni dopo, si ritrova sola e sconsolata, per aver perso il marito e devastata dalla scomparsa improvvisa di quella figlia a cui ha taciuto un evento per nulla superficiale. In una confessione fiume, Julieta guarda dentro se per discolparsi, ma anche per cercare di capire chi fosse lei stessa e sua figlia Antia, sconosciuto volto perduto nel tempo.


La morte ed il senso di colpa sono gli stilemi che compongono il dramma interiore del nuovo “melò” di Pedro Almodovar. Ma anche tutto il peso del non detto e di una menzogna confessata a fin di bene. Macigni che deflagrano i corpi di due donne, madre e figlia nei dodici anni dalla scomparsa di un padre (ed un marito) troppo “amorevole” con le donne. Tutte. Un film al femminile, filtrato attraverso i patemi e la lunga confessione di Julieta, donna amabile, amata, moglie e madre quasi perfetta, che vede la propria vita dissolversi quando sua figlia scompare nel nulla, lasciando un vuoto incolmabile. Almodovar racconta di questa deriva psicologica, attaccandosi al corpo della protagonista filmandola con due attrici diverse, per accentuare, non solo il tempo che passa, ma la trasfigurazione di una vita. Nella prima parte Julieta è una ragazza spensierata, giocosamente consapevole delle scappatelle del marito con l'amica Ana, scultrice di forme “umane” inequivocabili; mentre nella seconda è una donna “diversa” avvizzita nel viso e nel corpo, un essere devastato dai sensi di colpa e dalla sparizione del suo bene più prezioso; quella figlia che ha cresciuto, amato, educato e di cui non conosce quasi nulla, e che alla fine si troverà a condividere lo stesso dramma, lo stesso vuoto. Un sviluppo circolare, proprio come la vita stessa. Nello svolgimento del dramma, c'è l'attesa spasmodica di una lettera, uno scritto, un gesto che possa far luce sull'esistenza segreta, criptica di quella ragazzina, donna, madre anch'essa che non ha più storia, volto, presente e futuro. Il regista madrileno mette in scena i sentimenti illogici che fanno da collante per una vita vera, cruda nel suo più recondito significato, dirigendo una sorta di capolavoro del dolore privo però della solita salace ironia. Tutto è scritto e nulla lo è effettivamente. Forse solo l'amore, carnale, vitale e passionale può scongiurare la morte ed il dolore. Oltre, resta l'ombra di una solitudine senza fine.

Giudizio ***




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(Domenica 29 Maggio 2016)


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