 Horror "puro" e salti nel tempo Miss Peregrine e la casa dei Bambini Speciali Tutte le “ossessioni” di Tim Burton frullate in un solo film
di Roberto Leggio Cresciuto con le “storie” impossibili del nonno paterno, Jake “vede”, o pensa di vedere mostri nel giardino di casa. Ma non tutto quello che il vecchio saggio gli ha raccontato è falso, anche perché molti indizi lo conducono ad un mistero che attraversa mondi e tempi alternativi. Attraversato l’Atlantico per ritrovare il bandolo della matassa, Jake si ritrova in un luogo magico “congelato” nel 1943, nella casa dei Bambini Speciali di Miss Peregrine. Accolto come un “salvatore”, il ragazzo fa conoscenza dei poteri speciali che li contraddistinguono dagli altri bambini normali, ma anche la verità dei loro potenti ed “affamati” nemici. Quello che ancora non sa, che la sua “peculiarità” è l’unica per salvare i suoi nuovi amici e tutto mondo ed i varie “epoche” che lo circondano.

Welcome to horror… for Kids. Per Tim Burton questa volta il terrore è puro. Mostri alla Lovecraft, bambini speciali un po’ X-Men (si incendiano, si congelano, scompaiono, hanno una forza erculea), un cattivo “affamato” di occhi “innocenti”, salti nel tempo. In pratica tutti gli “stilemi” amati dal regista più dark e anti-hollywood. Ma nonostante la sceneggiatura a tratti farraginosa traslata sullo schermo dai romanzi di Ramson Riggs, le varie epoche ed i terrori esplorati fanno di questi film uno dei migliori di Burton degli ultimi anni. Viaggio di formazione, presa di coscienza, sforzo vitale per ingannare il tempo che passa e che, solo se potessimo, poter cambiare le varie biforcazioni che la nostra “storia” (e quella di tutti) ci impone. Magistrali effetti speciali, che sfociano perfino in un bellissimo scontro tra scheletri onestissimo omaggio a Ray Harryhausen. Spettacolo divertente e “spaventoso”, mette forse troppa carne al fuoco che si avviluppa in molte sottotrame per un’opera singola e autoconclusiva (la serie di Miss Peregrine consta di tre romanzi a se stanti ma collegati da un loop temporale), che rischiano di ingrippare un po’ la trama. Ma Burton con geniali intuizioni riesce a amalgamare gli eventi che si infilano a furor di metafora nella battaglia finale al Luna Park, in quanto non c’è mai fine alla fantasia pur di restare vivi. Il motore della storia è legato a quel passato “congelato” di un dato giorno ed una data ora del 1943 ed il suo costante eterno ripetersi. Rivelandosi l’allegoria della Grande Storia (i mostri enormi e potenzialmente ciechi non sono altro che l’impersonificazione dei orrori nazisti che incombevano in Inghilterra ed in Europa negli anni ’40), con i suoi salvifici salti “temporali”, che impongono un riavvolgimento potente di una eco aggrappata ai giorni nostri. Riavvolgendo così “qualcosa” di molto caro al protagonista. Un paradosso che piace a Tim Burton da sempre, in quanto i suoi eroi; sia i più “terreni” sia quelli più dark; agognano un presente migliore di quanto non credano. Come Big Fish, è la fantasia l’epifania della crescita interiore, ma per una ottenerla è necessario sconfiggere i propri demoni. Purtroppo questo film non ha la pretesa di avere la profondità di quell’altra storia (Big Fish, appunto) perciò oltre i titoli di coda resta un vago senso di mistero (i bambini speciali ad esempio celano troppe ombre), che non rinuncia però all’empatia, ma lascia una porta aperta per un “innegabile” sequel.
Giudizio **1/2

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(Sabato 17 Dicembre 2016)
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