 Alcool e pallottole negli anni '30 La legge della notte Hard Bolied di troppe trame
di Roberto Leggio Ritornato stizzito dai massacri della Prima Guerra Mondiale, Joe Coughlin, da un calcio alla sua “buona” educazione (suo padre è il capo della polizia di Boston) diventando un piccolo criminale ai tempi del proibizionismo, infilandosi nella guerra di mafia tra irlandesi ed italiani. Affascinato dallo Champagne e dalle belle donne, insulta i primi per affiliarsi ai secondi, solo per salvarsi e rifarsi una vita (come Boss) tra le paludi della Florida. Nel traffico di alcool, si innamora di una bellezza locale, e riluttante nell'usare la pistola deve vedersela con il Ku Klux Klan ed il fanatismo religioso di una vergine “perduta”. Il passato non è una terra straniera e quando torna ad affacciarsi è talmente deflagrante da ridisegnare la legge della notte.

Con l'intento di riscrivere il noir, Ben Affleck affronta una storia guerra tra gangstern italiani e irlandesi. Reietti di un “grande paese” dove le pallottole riempiono di sangue l'arena degli anni '30, l'attore regista torna al torbido “romanzesco” di Dennis Lehane e alla malavita da strada di Boston prima e di classe a Tampa poi. Il Mystic River è soppiantato dalle palude della Florida e l'acqua è sempre il serpente che si avvolge attorno alle vite “perdute” in cerca di un proprio centro. Il riferimento è possente per il gangster da quattro soldi che “rinasce” Piccolo Cesare nel sole delle Everglades, diventando il punto di scontro tra il bene ed il male. Il problema è da quale parte pende la bilancia. Un massacro sancirà una sorta di redenzione, ma aggrapparsi ad una vita normale sarà in parte impossibile. Anche in virtù dell'adagio che i “morti sono vivi” e pieni di segreti in parte confessabili. Granitico nella sua mono espressione Ben Affleck con il Borsalino in testa, (sempre migliore dietro la camera da presa), dirige un Hard Boiled dal sapore antico strutturando la trama un noir d'altri tempi che fila via dialogato finché le pallottole non infiammano lo schermo. E quando lo fanno sono virgole di un racconto troppo debitore di un cinema dall'anima corrotta, violenta finché i protagonisti non decidono di farla finita. Oltre la cornice, però, la storia vuole raccontare (e raccordare) troppe storie assieme: la terra dei padri costruita e regolata dai molti immigrati; il ku klux klan razzista in opposizione all'amore antirazzista del protagonista; poliziotti “pacifici”, corrotti per il quieto vivere e nel bene famigliare; la “santità” devastante di una madonna predatrice; rapporti amletici tra un padre poliziotto e un figlio criminale e non ultimo il sogno di un business legale al di là del proibizionismo. Troppi nodi per un pettine solo, appesantendo e ingarbugliando lo svolgimento in sé.
Giudizio **

(Giovedì 2 Marzo 2017)
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