 Accordi e disaccordi di una saga brutalizzata e arrivata al capolinea Alien Covenant Le mascelle semoventi non sono ancora sazie…
di Roberto Leggio Nello spazio è sempre un radio faro a farti “risvegliare”. Dieci anni dopo i fatti descritti in “Prometeus”, l’astronave Covenat si dirige verso un pianeta dalle possibili caratteristiche terrestri con l’intento di essere insediato da 3000 coloni e un certo numero di embrioni. I tredici ardimentosi membri dell’equipaggio vengono però risvegliati al seguito di una tempesta magnetica e dopo aver riassettato i danni captano un messaggio audio proveniente da un pianeta mai mappato in precedenza e che sembra possibilmente abitabile. Affamati di “sapere”, troveranno i resti di una nave aliena, una miriade di morti “incartapecoriti” e la presenza di alcuni xemorfi che si prenderanno la briga di macellarli uno ad uno.

Quando si è a corto di idee… Alien Covenant. Sequel, prequel o indiretta copia conforme dell'originale della serie fantahorror che più inaugurò la fantascienza sporca; sbarca su un pianeta “alieno” dove un nuovo “Dio” (tra l’altro creato dall’uomo) ha la propensione di dare vita ad una nuova razza superiore. Il prologo prolisso e pieno di senso sull’evoluzione della specie (che si raccorda a Prometeus) sta li a ricordarci la strada sta prendendo il ri-lancio della saga “xenomorfa”, ma non basta a gettare un ponte credibile tra “tutto quello che è stato” e quello “che verrà”. Covenant è una astronave colombaio, zeppa di 3000 coloni in criosonno e un tot di embrioni umani, diretta da qualche parte nella galassia verso un pianeta da terra formare e colonizzare. Come l’equipaggio della Nostromo, i “marinai” spaziali sono inadatti alle emergenze. Ripley non c’è, ma la sostanza è la stessa. Invece di inseguire l’alieno tra i meandri oscuri della nave spaziale, i morituri lo rincorrono (per essere cacciati) nei passaggi e negli anfratti di una città “morta” nella quale è racchiuso il “grande mistero”. Senza un briciolo di sorpresa, il film odierno arranca nel sangue e in assoluti di una trama semplice e “basica” per un futuro sequel. Ridley Scott, al suo terzo e personale Alien, non propone nulla di nuovo (tranne per l’androide più umano degli umani) ma gioca con sazio divertimento spalmando e omaggiando molto della sua cinematografia (Blade Runner in almeno due occasioni) , ma anche monumenti come 2001 di Stanley Kubrick. Il balocco però non è all’altezza dei precedenti proto-capolavori per giustificare la fatica del questo nuovo episodio xenomorfo.
Giudizio *

(Giovedì 11 Maggio 2017)
Home Recensioni  |