 Farsi gli affari propri e non vivere felici L'Equilibrio Nella terra di Gomorra un padre coraggio contro i poteri forti
di Roberto Leggio Don Giuseppe è un buon parroco di una diocesi romana che, dopo anni in Africa, sente di tornare in mezzo alla sua gente, anche perché, complice un’attrazione verso una sua parrocchiana, deve in qualche modo “arginare” la perdita di vocazione. Giunto in Campania si scontra ben presto con la connivenza tra gli abitanti e la malavita locale. Come una sorta di Cristo, decide di farsi coinvolgere dai problemi che affliggono quel semi-ghetto alla periferia di Napoli. L’impulso maggiore è la conoscenza di Assunta, una mamma che nasconde un doloroso segreto. Il padre coraggio impara a sue spese che è meglio “farsi gli affari propri” se si vuole sopravvivere in una terra senza legge.

Con animo documentaristico Vincenzo Marra affronta l’inferno partenopeo, investendo di buoni propositi un prete cresciuto nella “deviante” e “rassicurante” pancia romana, che si trova catapultato nell’omertà e la violenza di un non luogo alla periferia di Napoli. C’è un strano stato delle cose in quel ghetto di “buone persone” dove si spaccia a cielo aperto (con tanto di guardiani armati di frusta) e si violentano bambine di nove anni senza che nessuno denunci i “fatti” per il solo quieto vivere. Un equilibrio taciuto e concordato da anni dall’altro carismatico parrocco che don Giuseppe va a sostituire per un senso di redenzione. Con un piglio alla Dardenne, Marra attacca la telecamera al volto e le spalle di un prete “coraggio” che intraprende da subito un percorso angusto pur di mostrare la forza della propria fede e della propria umanità di fronte al dolore. Si tratta di un viaggio difficile dove ci sono molte porte da aprire e chiudere, nella “mistificazione” del suo essere minacciato fin dall’inizio con presenza di una capra in campetto da calcio, sebbene egli affronti la macchina del fango che ricopre una comunità annichilita dai poteri forti. In una narrazione lucida e senza compiacimenti, Vincenzo Marra regala forse il suo miglior film e un capolavoro di “resistenza civile” mostrando un uomo in trincea in una città (un paese intero) senza speranza. Il riscatto morale ricercato da padre Giuseppe, che tra l’altro torna a casa, è del tutto negata in quanto lo Stato e la Chiesa non muovono un muscolo, non dicono una parola, non si espongono per non svellere quella conciliazione che tiene prigioniera una comunità del tutto assuefatta alle leggi della malavita locale. Don Giuseppe, come Cristo, vorrebbe accogliere i peccati del mondo, ma la sua reazione è disattesa, vista perfino come una follia “suicida”. Alla fine non si salva nessuno e nessuno è salvabile. Chinare la testa e tornare sui propri passi è una bestemmia contro la morale. E la fuga salvifica di una innocente non assolve il messaggio chiaro e annichilente.
Giudizio ***1/2

(Mercoledì 20 Settembre 2017)
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