 Il cuore nero dell’anima La ragazza nella nebbia E’ più crudele l’assassino o la televisione del dolore?
di Roberto Leggio In una notte fredda e nebbiosa, un uomo, apparentemente senza memoria, è uscito incolume da un incidente stradale, nonostante abbia gli abiti sporchi di sangue. L’uomo è un poliziotto di nome Vogel, genio dell’indizio che ama risolvere i casi chiamando in causa le televisioni così da creare attorno al crimine un circo mediatico. A vederci chiaro viene chiamato un mite psichiatra per fargli raccontare l’accaduto. I ricordi però risalgano a qualche mese prima, quando nello stesso luogo, una ragazza di sedici anni con i capelli rossi e le lentiggini è scomparsa tra le nebbie di Avechot. Il nulla che l’ha ingoiata è pieno di segreti e districare il mistero non è stata cosa facile. Anche perché il sospettato numero uno è un tranquillo insegnate di italiano, che forse non ha detto tutta la verità. Anche perché la scomparsa della ragazza non è come le atre. In questa storia ogni inganno ne nasconde un altro ancora più perverso. E la ricomparsa di Vogel in paese ha che fare con la “vanità del diavolo” che spesso pecca scioccamente…

C’è molta nebbia e molti mostri nel paesino alpino di Avechot. Una ragazzina è scomparsa sotto casa e la polizia e soprattutto i media creano il “caso” mediatico per infangare reputazioni e incastrare l’assassino. Prendendo spunto da molta cronaca; Yara Gambirasio in primis; Donato Carrisi esordisce nella regia, portando sullo schermo un suo romanzo (a priori nato per il cinema) che esplora l’anima nera che risiede in tutti noi. Nessuno è innocente. Nessuno è immune al male. La nebbia del titolo rimanda all’oscurità che ottenebra i comportamenti umani che ad un certo punto deflagreranno in una pacificata giustizia “personale”. Il male si annida ovunque ed ha sfaccettature ambigue e più interessanti, come “metaforizza” la spiegazione letteraria dell’insegnante di italiano, tra l’altro sospetto numero uno, alla classe instupidita dalla sparizione della loro compagna. Il quid del racconto è proprio questo. Ma le regole che valgono per i romanzi, non sempre sono validi per le riduzioni filmiche. Carrisi, bella scrittura e grande in tessitore di storie gialle, dirige un film buon sul piano figurativo, un po’ meno su quello della trama inutilmente contorta, così da togliere potenza narrativa, con il risultato di sgonfiare un po’ troppo il senso del racconto. Il regista in questo modo banalizza lo spunto principale della storia: la violenza mediatica che spettacolarizza il crimine coinvolgendo tanto chi investiga quanto la gente comune. E’ un vero peccato, ma il risultato ad ogni modo è potente. Simile nei toni a Twin Peaks (il poliziotto “intelligente” che porta scompiglio nella comunità, i piccoli segreti che albergano nel freddo, la cattiveria che banalmente si annida ovunque), il film di Carrisi assurge ad essere un buon noir d’atmosfera, sdoganando un genere derivato (vedasi gli ultimi thriller ambientati nelle nevi del nord) facendo sperare che anche nel nostro paese è possibile fare qualcosa di polposo e appetibile.
Giudizio **1/2

(Giovedì 26 Ottobre 2017)
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