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Woody Allen pessimista e fatalista sullo sfondo del sogno americano

La ruota delle meraviglie

Un altro capolavoro del maestro newyorkese


di Oriana Maerini


Il grande Allen torna sul grande schermo con un altro capolavoro che mixa dramma ed ironia con “La ruota delle meraviglie”.
Un tuffo nei colorati e pomposi anni 50 ambientato nella pittoresca Coney Island dove, all’ombra della sfarzosa ruota panoramica, fra folle di bagnanti e gli ombrelloni si consumano i drammi esistenziali di quattro personaggi che imbastiscono un perfetto melodramma hollywoodiano. Due donne e due uomini uniti fra loro da tradimenti e fallimenti. Ginny (interpretata da una bravissima Kate Winslet), è una cameriera, attrice fallita che ha rovinato la sua vita tradendo il padre di suo figlio sul palcoscenico. Depressa ed emotivamente instabile ha trovato un precario equilibrio sposando Humpty (Jim Belushi), un manovratore di giostre ex alcolizzato, vedovo. Poi c’è Mickey (Justin Timberlake), voce narrante a cui Woody affida il compito di introdurre la vicenda. E’ un bagnino vigoroso e prestante che sbarca il lunario sulla spiaggia seducendo donne e sognando di realizzare una carriera come scrittore. Il suo destino intercetta quello di Ginny e di Carolina (Juno Temple), la fuggiasca figlia di Humpty che, nonostante il diniego del genitore, ha sposato un gangster che arriva a Coney Island per trovare un rifugio sicuro dai suoi sigari dopo aver lasciato il marito. Dall’incontro di queste figura nasce un vortice di tradimenti, confessioni e vendette che risulta drammatico e leggero nel contempo.



Sul piano tecnico Woody Allen con La ruota delle meraviglie ha fatto centro scegliendo per la sua squadra un maestro come Vittorio Storaro, (con il quale ha già collaborato in Cafe Society), ed un mago della fotografia di Russel Metty. Il risultato è un’atmosfera visiva potente (negli esterni) e melodrammatica (nella casa-palcoscenico di Ginny e Humpty) nel contempo che accompagna le vicende dei personaggi e ne enfatizza gli stati d’animo. (Bellissima la scena in cui Ginny, indossa ubriaca i suoi vestiti da palcoscenico per recitare la sua commedia finale). Azzeccata anche la scelta degli attori che incarnano ottimamente con fisicità e recitazione il dualismo giovinezza/speranza, maturità/rimpianto.
Nessun lieto fine in quest’ultimo film velato da un pessimismo cosmico, nessuno scampo alle derive dei personaggi, nessuna condanna.
Neppure il figlio piromane di Ginny è colpevole della sua condizione di bambino senza padre. Tutti figlio di un Dio minore.

giudizio: ***



(Domenica 10 Dicembre 2017)


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