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Sopraffazione. Vendetta. Riscatto e solitudine

Dogman

Animalità umana nella terra di nessuno


di Roberto Leggio


Cani innocenti e uomini cani. Rabbiosi. In una periferia sospesa tra ruggine e natura violata, dove vige la legge del più forte; Marcello è un omino mite che divide le sue giornate nel suo modesto lavoro di tolettatore di cani, l’amore per la figlia (alla quale ha promesso una immersione nel Mar Rosso) e un ambiguo rapporto con Simoncino, ex pugile e animale da strada che terrorizza l’intero quartiere. Incastrato in un quieto vivere, gretto e codardo, Marcello dopo l’ennesima sopraffazione, decide a riappropriarsi della propria dignità vendicandosi in maniera estrema. Ma l’esito sarà purtroppo inaspettato.


Sopraffazione. Vendetta. Riscatto. Solitudine. Matteo Garrone affonda le mani nello “sporco” di una periferia devastata, nella quale convivono animali di uomini, bestie allo sbando che sopravvivono sospesi nel tempo e nello spazio. Dogman, il nuovo film del regista italiano presentato a Cannes, è un’opera intima, umana (nonostante la sua “animalità”), delicato e feroce che mescola realtà e fantasia. Il punto di partenza è quel fatto di cronaca accaduto alla Magliana di Roma circa un trentennio fa, dove un tolettatore di cani sequestrò, seviziò e uccise un ex pugile che con prepotenza lo vessava e lo considerava una nullità. Nella fantasia filmica c’è Marcello, omucolo innocuo, ben voluto dalla comunità, con una adorata figlioletta, che ama e rispetta i cani. Li lava, li pettina e fa anche da dog sitter. Una vita semplice, che sfoga in partite di calcetto, uscite subacquee in mare e saltuariamente “pranzi” con i bottegai suoi vicini. Ma è anche legato a Simoncino. Un omaccione cocainomane, piccolo ladro per necessità, prepotente e rabbioso con tutti. Il loro rapporto è più di convenienza, che di vera amicizia. Fin dalle prime immagini si comprende questa “innaturale” simbiosi, un rapporto tanto fisico quanto vessatorio. Un rapporto che si dissolve una volta che il buon uomo, in un momento di ribellione, si ritrova solo e abbandonato da tutti. Fotografato con colori ora lividi, ora spenti, quasi sempre desaturati, Dogman è un capolavoro di bontà umiliata che diventa metafora iperrealista di una società che giudica senza sapere, costretta a convivere in un non-luogo di case abusive e fatiscenti, bar malandati, muri sbrecciati e rugginosi. Garrone disinnesca la componente pulp che rese cronaca Er Canaro della Magliana, comprimendola in una “placida” rivalsa con poco sangue e molta tensione. Eccezionale la mimesi di Marcello Fonte, faccia atavica e sguardo smarrito nella componente buonista di Marcello, e quella di Edoardo Pesce, cane arrabbiato e rabbioso, devastato pitbull di periferia senza più sogni e senza umanità.

Giudizio ****



(Giovedì 17 Maggio 2018)


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