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Riproposta la prima versione del 14 gennaio 1900 in scena al Costanzi

Tosca

La Direzione di Stefano Ranzani è l'elemento vincente


di Mario Dal Bello


E’ un gran bel vedere l’edizione della prima volta di Tosca, il 14 gennaio 1900 in cui andò in scena al Costanzi di Roma. Oggi, diventato Teatro dell’Opera, la ripropone ed è come trovarsi per un attimo nella magia di un tempo che si crede perduto. Abituati infatti a regie fantasiose, a dir poco e a messinscena “trasversali” come scene e costumi, rivedere l’opera come l’ha vista Puccini è una consolazione. Gusti antiquati, si dirà, ma era il mondo visivo del compositore e converrebbe rifarsi anche ai suoi occhi, non solo ai nostri. Si entrerebbe forse meglio nello spirito del dramma di Sardou musicato da un Puccini in vena di successo e di stupire con un mèlo ultrapassionale – la storia è nota a tutti -,sullo sfondo della Roma papalina insidiata da Napoleone, nella solita lotta tra vecchio e nuovo. Naturalmente, al musicista di politica interessava nulla. Quello che gli premeva era la passione che accende i sensi, sia del pittore Cavaradossi con la sua Tosca come del perfido e cinico Scarpia. Senso e voluttà - alla d’Annunzio - , inanellando crudeltà a languori,sacro a profano, con romanze squisite di brevi frasi melodiche incisive, una orchestrazione quanto mai raffinata – che talora precede e prevede Mahler -, e l’amore e morte che tanto piacciono, al pubblico di allora e alle fiction di oggi. Interni sontuosi di palazzi, volte di basiliche, Castel sant’Angelo e San Pietro all’alba: magia di una Roma non da cartolina, ma di poesia diretta.
La direzione di Stefano Ranzani è l’elemento vincente, a cui risponde bene l’orchestra, specie nelle tinte scure degli archi e degli ottoni. Il maestro è un tipo calmo, preciso, “lascia suonare l’orchestra”,come diceva un grande direttore del passato, Antonio Guarnieri. Del cast, si segnala la voce tenorile squillante di Giorgio Berrugi e quella scura del baritono Fabiàn Veloz, mentre la Tosca di Svetlana Kasyan suona talora troppo forzata. Del resto,la regia di Alessandro Talevi, pur composta, punta ad una recitazione ”verista” – scena Scarpia-Tosca,atto II – che cerca l”effetto”. Il pubblico risponde con affetto. Fino al 16.


DIRETTORE Stefano Ranzani dicembre / Jordi Bernàcer giugno
REGIA Alessandro Talevi
MAESTRO DEL CORO Roberto Gabbiani
SCENE Adolf Hohenstein ricostruite da Carlo Savi
COSTUMI Adolf Hohenstein ricostruiti da Anna Biagiotti
LUCI Vinicio Cheli
PRINCIPALI INTERPRETI

FLORIA TOSCA Svetlana Kasyan dicembre / Monica Zanettin giugno
MARIO CAVARADOSSI Giorgio Berrugi dicembre / Stefano La Colla / Diego Cavazzin giugno
IL BARONE SCARPIA Fabián Veloz dicembre / Gevorg Hakobyan giugno
CESARE ANGELOTTI Luciano Leoni
SAGRESTANO Domenico Colaianni
SPOLETTA Nicola Pamio
SCIARRONE Leo Paul Chiarot
UN CARCERIERE Giampiero Pippia







Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma
con la partecipazione della Scuola di Canto Corale del Teatro dell’Opera di Roma

Allestimento Teatro dell’Opera di Roma





(Venerdì 14 Dicembre 2018)


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