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Al Teatro Argot Studio di Roma fino al 23 dicembre

7 Anni

Un dramma a colpi bassi diretto da Francesco Frangipane


di Mario Dal Bello


Passare sette anni in carcere per salvare gli amici collaboratori dell’azienda su cui la finanza sta indagando è una bella sfida. Di quelle che fanno paura. Chi se la sente di dare un tempo così lungo della vita per gli amici? Intorno ad un tavolo siedono Marcello, Carlo, Luigi, Veronica. Nessuno di loro si sente di sacrificarsi. Meglio chiamare un Mediatore, che aiuti tutti a prendere una decisione. Se questa sconvolgerà qualcuno – uno solo dei quattro – almeno sarà l’ancora di salvezza e di poter andarsene con la coscienza tranquilla per gli altri. E’ un gioco al massacro psicologico che ricorda testi teatrali come Carnage, il lavoro di Josè Cabeza e Julia Fontana, tradotto da Enrico Ianniello, ora in scena a Teatro Argot Studio di Roma fino al 23 dicembre. Il Mediatore è di fatto una super-coscienza che svela il dietro-le-quinte di ciascun personaggio. L’amicizia collaborativa, all’apparenza intensa e sincera, si smonta via via come un castello di carte. Se prima è facile cercare di addossare “il carcere” a Luigi, poi il turno cambia di persona in persona: un gioco che porta alla verità. Disarmante, dura. Il dramma scoppia, le parole diventano colpi pesanti, un litigio furibondo, violento.



Stupisce gli stessi personaggi la propria vulnerabilità e la capacità di ferire, anche forse di uccidere. Nessuno vuole morire per nessuno. La partita a scacchi ricorda quella del cavaliere con la morte nel Settimo sigillo di Bergman. Di fatto, andare sette anni in carcere è una morte. Nessuna offerta in denaro, che pur viene fatta, può comprare la vita. La cattiva coscienza di ciascuno viene alla luce dall’oscurità in cui era chiusa e il teatro dell’ipocrisia nei rapporti cade miseramente. Sino allo sbalordimento finale e al silenzio cupo. Nessuno è innocente, tutti colpevoli di non essere stati “veri”. Ricominciare,e come? Ritentare l’amicizia? La sorpresa conclusiva rende ancora più drammatica e pressante la domanda. E la scelta di vita.
Un dramma a colpi bassi in crescendo con qualche punta ironica vede gli attori intorno ad un tavolo fra due ali di pubblico: è un soluzione ottimale, perché il teatro diventa corale, una sola unità. Gli interpreti vivono la pièce, diretta da Francesco Frangipane con sicurezza, immedesimandosi in essa, da Giorgio Marchesi – che dimostra un denso temperamento drammatico – al Mediatore – giustamente machiavellico - di Arcangelo Iannace, ai bravi Serena Iansiti (Veronica), Massimiliano Vado (Carlo) e allo scaltro Luigi di Pierpaolo De Mejo.

giudizio: ***



(Lunedì 17 Dicembre 2018)


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