 La vita dura e dolce di Mia Martini Io sono Mia Immagine di una ragazza/donna e cantante che divenne diva e morì troppo presto
di Roberto Leggio Mia Martini, con un intervista compiuta da Sandra, una giornalista in realtà a San Remo per incontrare Ray Charles e che considera Mimì solo un ripiego; ripercorre i suoi inizi difficili. Il rapporto con il padre che, pur amandola, la ostacola fino a farle male; dell’amore contrastato con un fotografo che ne segna il suo destino sentimentale, il marchio del’infamia che viene attaccato addosso condizionando la sua carriera con alti e bassi vertiginosi; il buio, fino alla nuova dimensione di vita più pacificata.

1989. Ricomincia da San Remo, la “seconda” vita di Mia Martini. O forse si tratta della “terza”. Da qui a ritroso, grazie ad una lunga intervista prima rifiutata poi ricercata, in un gioco di avanti ed indietro nel tempo; la stessa Mimì, racconta tra una sigaretta e l’altra la sua vita di cantante e di donna. Una esistenza non facile, ad iniziare da un padre “padrone” che non vede la deriva musicale delle figlie (l’altra è Loredana Berté), fatta di tanti successi, disgrazie, inciampi, cadute e risalite. Una storia umana, dura e dolce allo stesso tempo di una “ragazza” volitiva, caparbia, severa con se stessa e con gli altri da essere spesso considerata una rompipalle. Raccontare Mia Martini è un magma incandescente perché parla di una vita vera, di una cantante dalla voce bellissima e potente, ma incompresa dai più e spesso considerata “portasfortuna” per un non ben chiaro gioco di pregiudizi. Riccardo Donna, regista di note fiction, dirige forse il suo film migliore, dandogli un taglio intimo, drammatico ed in parte zuccherato che evitando l’agiografia mette in scena la vicenda umanissima di una ragazza/donna “geniale” che divenne Mia Martini (Mia come la Farrow e Martini come il liquore un po’ amaro e un po’ dolce) e con quel nome entrò nella leggenda, prima di morire troppo presto, per colpa di preconcetti e forse anche per la “sua” musica. Un biopic dell’anima, in qualche punto troppo televisivo e con alcuni passaggi drammaturgici molto caricaturali (Renato Zero felice gay ante litteram, Franco Califano “omo ebbasta”), ma equilibrato e potentemente melodrammatico. Simona Rossi (bravissima), canta, si muove, ama, sdrammatizza e soffre come la cantante. Per una oculata scelta distributiva della Nexo, il film uscirà in sala solo il 14/15/16 Gennaio in poche copie. Il grande pubblico lo vedrà più avanti in televisione poco dopo il Festival di San Remo. Qualcosa del suo messaggio viscerale si perderà. Peccato.
Giudizio **1/2

(Giovedì 10 Gennaio 2019)
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