 L’inferno nella mente di un serial killer La casa di Jack Uccidere per piacere. Uccidere per bellezza…
di Roberto Leggio Jack è un ingegnere che viaggia su un furgone rosso. Forse non sa dove andare. Non sa cosa fare della sua vita, probabilmente alla deriva. Attraverso cinque “incidenti”, definisce il suo sviluppo come serial killer. Ogni omicidio è un opera d’arte, anche se la sua disfunzione gli da problemi nel mondo esterno. Nonostante l’intervento della polizia (che forse non si accorge della sua follia), contro ogni logica si spinge a rischiare sempre di più, disquisendo con un interlocutore che lo mette a confronto con le sue contraddizioni, sofismi grotteschi e una sorta di auto pietà quasi infantile. Approfondire il suo essere killer lo porterà ad erigere una casa perfetta, forse sul bordo dell’inferno…

Per prima cosa c’è un dialogo tra due uomini. Uno è un omicida seriale, l’altro è un misterioso interlocutore, forse il suo psicologo. Non ce dato sapere. Discutono della morte, della bellezza e della coscienza di essere un assassino. Poi ci sono gli omicidi. Freddi. Calcolati. Fantasiosi. Voyeristici. Intollerabili. Oltre a questo, c’è l’inferno lucido e quasi parodistico di un ingegnere fallito che disquisisce in un lungo flusso di coscienza sulla fascinazione dell’omicidio, sulla morale, sulla teoria della distruzione di massa, sull’intellettualismo dell’arte. Psicanalisi faustiana per Lars Von Trier ed il suo alter ego Jack (l’omicida) , per immergerci in un intelligente gioco al massacro, che fa provare disgusto in un film provocatorio e brutale, che trova il suo centro in un viaggio agli inferi di dantiana memoria. Come sempre, che piaccia o meno, il regista danese, dirige un capolavoro di perversione, tanto crudo ed enigmatico, mostrando definitivamente il suo pensiero sulla fallibilità e ferocia della razza umana. Il gusto del sangue, come il sapore del sesso spinto di Ninphomaniac, sottolinea il saper fare arte nella distruzione dell’altro, perché così va il mondo. Jack, l’ingegnere e architetto dell’omicidio, costruisce e abbatte l’ossatura della sua casa perfetta, mai contento di cosa stia erigendo, fino a quando i cadaveri (61) non saranno i mattoni della sua follia. Ed è qui la grande metafora di questo film “maledetto”. L’uomo e Lars Von Trier, è destinato a eliminare gli altri per comprendere veramente se stesso, in un labirintico percorso nei meandri di una mente malata sprofondata in una autocoscienza indulgente e tragica. Jack uccide non solo per il piacere di uccidere. Uccide per giustificare se stesso alla ricerca della perfezione. Tanto nessuno se ne accorgerà. Nessuno potrà credere a tanto squilibrio.
Giudizio: ***

(Mercoledì 27 Febbraio 2019)
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