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L'elefantino dalle grandi orecchie è ancora l'emblema della diversità

Dumbo

Remake in live action, più luminoso e meno commovente dell'originale


di Roberto Leggio


Di ritorno dalla guerra in cui ha perduto un braccio, l'ex trapezista Holt, si ritrova a casa nel suo Circo in grandi difficoltà economiche e ai suoi due figli Milly e Joe, rimasti orfani dopo che la spagnola si è portata via la loro madre. Il proprietario Max Medici punta sul cucciolo di elefante in arrivo, ma, alla nascita del piccolo Jumbo, rimane interdetto e furioso, a causa delle sue orecchie fuori misura. Milly e il fratellino, invece, si affezionano al piccolo dagli occhi azzurri e scoprono che, dietro l'handicap apparente, nasconde una straordinaria abilità: se stuzzicato da una piuma, Dumbo (vezzeggiativo cui il pubblico affibbia all'elefantino) può volare! Lo scopriranno anche il furbo imprenditore Vandevere e allora per Dumbo e i suoi amici saranno guai a non finire.


Primo di una lunga serie di Live Action di prossima programmazione di casa Disney (Il Re Leone, Alladin e Mulan), Dumbo, replica la storia dall'elefantino dalle grandi orecchie che vola verso la maturità e la presa di coscienza di essere diverso, in un mondo di “normali” anormali. Tim Burton regista di Freaks umani, spesso dai buoni sentimenti, amplifica la storia del 1941 facendo interagire più personaggi per raccontare che il “Circo” o meglio un parco di divertimenti (Dreamland) non è nient'altro che la società vorace del successo a tutto tondo, e chi se ne frega se a pagare sono sempre i più gentili di cuore. Tim Burton, nella sua cifra, mostra degli emarginati (tutta la compagnia del Circo Medici) che per difficoltà economiche e per il talento di Dumbo, accettano a malincuore (ma anche per un pizzico di interesse) di snaturare il senso stesso del loro spettacolo per adagiarsi alle mire di un losco opportunista dalla parrucca posticcia con un enorme concetto dell'imprenditorialità. Prodotto Disney per bambini (un po' meno per i grandi), perde nel contesto la tragicità dell'essenza dell'elefantino che viene separato traumaticamente dalla madre e che impara a fatica a volare grazie a dei Corvi saggi (ma tacciati fin dal principio di razzismo), guadagnando profonde emozioni grazie agli occhioni azzurri del cucciolo di elefante ricreato in digitale. Fiaba luminosa, e non dark che forse lascerà sfuggire qualche lacrimuccia, commuovendo chi ha il cuore puro di bambino. Vincono nel complesso tutti gli attori, che siano mostri, umani e animali, compreso gli elefanti rosa come nell'originale, ma qui diversi e molto più evanescenti. Ah, dimenticavo, il finale è più liberatorio e appagante. A dimostrare il lato positivo inconsueto di questo regista bizzarro e visionario, che ha fatto della sua anima oscura il proprio marchio di fabbrica.

Giudizio: **1/2



(Giovedì 28 Marzo 2019)


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