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Mix di Gomorra, trhiller e farsa sull'ambiente del cinema romano.

Dolceroma

Istrionico Luca Barbareschi nei panni di un losco produttore


di Mario Dal Bello


Le promesse del cinema. Un occhio amaro e disincantato sul mondo cinematografico e su Roma. Dolceroma diretto con astuzia da Fabio Reresinaro mescola Gomorra al trhiller, alla commedia ed alla farsa. Discutibile certo, eccessivo. Ma qualcosa dice. L’ingenuo e depresso giovane scrittore Andrea Serrano che lavora in un obitorio, cade nella rete tesa dallo spericolato produttore Oscar Martello (Luca Barbareschi) che, ovvio, lo coinvolge nella dolce vita romana, fatta di tutto e di nulla. Tra promesse, bugie, i l film tratto dal romanzo del ragazzo, si gira. Un regista disastroso e saccente, un divetta amante del Martello e complice dei suoi lati oscuri, rendono difficile tutto. Ma il film deve uscire. Se no si va in bancarotta e la polizia è già sulle tracce. Per di più Oscar rischia che la ricchissima moglie lo sbatta fuori casa, stufa dei suoi tradimenti. Andrea però non è sciocco. Impara presto e tende una trappola a tutti che lo salvi. E possa restare a ”Roma ladrona e dolce”, nonostante tutto.



Solo apparenza e nessuna sostanza è di fatto l’idea del film sul cinema e i suoi figli e nipoti. l l film è anche cattivo, al di là dell’istrionismo di Luca Barbareschi, della finta faccia d’angelo di Lorenzo Richelmy, della grintosa Gerini (che fa il bagno nel miele) e della disincarnata Valentina Bellè. Forse Barbareschi si è voluto togliere qualche sassolino dalla scarpa?. Perché, pur essendo un pastiche che vorrebbe divertire, una miscela di citazioni filmiche dei vari generi, il film possiede una amarezza di fondo. La pellicola regge per molti motivi: la faccia di Richelmy, spaesato e dimesso ma astuto; la gigioneria di Barbareschi e di Francesco Montanari come poliziotto, e le smancerie di Bellè e Gerini. Il divertissement senza pretese artistiche dice quello che tanti pensano nella Dolceroma cinematografara. Dolce solo per gli astuti – ma ad tempus perché poi c’è la prigione—e amara per gli eterni illusi che la vita del cinema siano rose e fiori, luci della ribalta. Morale della favola: state con gli occhi aperti, come il ragazzo Serrano.

giudizio: **



La pioggia costa troppo



(Mercoledì 3 Aprile 2019)


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