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La “mafia” spiegata ai posteri

Il Traditore

Tommaso Buscetta, chi era costui?


di Roberto Leggio


Notte sul mare di Palermo. Il palcoscenico è una villa zeppa di “uomini d'onore” giunti fin lì per una “riconciliazione” tra le vecchie famiglie di Mafia, Totò Riina e i palermitani. In palio c'è il controllo della droga. Tommaso Buscetta, soldado di carattere e d'onore, annusa il pericolo e si trasferisce in Brasile per seguire i propri traffici allontanandosi dai Corleonesi sul piede di guerra. Quando la faida esplode i primi a cadere sono i suoi due figli e lui stesso diviene un bersaglio. Ma prima di Cosa Nostra viene arrestato dalla polizia brasiliana e quindi estradato in Italia. Per il proprio tornaconto o forse per una crisi di coscienza, Buscetta si confessa al giudice Giovanni Falcone, diventando un traditore e il primo pentito di mafia. Grazie alle sue rivelazioni, la Cupola vine messa al bando al Maxi Processo con 475 imputati. Le sentenze decimano la mafia, ma non Totò Riina che diventa sempre più potente da vendicarsi con l'attentato a Falcone e alla sua scorta. Sebbene al sicuro in America, Buscetta ha ancora molto da dire e tirerà in ballo nomi grossi della politica italiana (Giulio Andreotti), ma ciò butterà della serie ombre sul suo operato, screditando del tutto le sue parole, facendolo morire solo e abbandonato su una terrazza nella notte di New York.


Fin dal principio c'è un'aurea di morte, nel nuovo film di Marco Bellocchio su Tommaso Buscetta, boss pentito di Mafia, fautore del maxi processo di Palermo che sancì due fini eclatanti: quella di Giovanni Falcone e quella di Cosa Nostra, nella sua accezione più feroce. Dramma shakesperiano, in parte metaforico e in parte carnalmente tragico, questa nuova opera del maestro piacentino, mette da parte il suo cinema sanguigno (non sanguinoso) per lasciarsi andare a certi fantasmi dell'anima di un bosso tutto d'un pezzo, sconfitto e malinconico fin dalla prima inquadratura. Lo sguardo verso il figlio degenere fuori dalla finestra sul mare nella notte di Santa Rosalia, dove è in atto una festa “farsa” di pacificazione tra le opposte fazioni dei Corleonesi di Totò Riina e i Palermitani, segue fin da principio la “resa” di coscienza di un mafioso vecchio stampo con le vecchie regole d'onore di non uccidere donne e bambini, ma solo i designati. Il “soldato” Buscetta, eroe tragico e criminale senza macchia e mai pentito veramente, è il mafioso classico, fedele alle sue due famiglie, Cosa Nostra e ai propri figli e la moglie, con una propria forza morale, anche se sbagliata. Non spione, non infame, Buscetta si confessa a Falcone perché la “cosa nostra”, quella nella quale si riconosce, l'ha tradito. Non come le nuove brutali regole di sangue imposte da Totò Riina, capo dei capi, furioso e bestiale boss nelle seconda guerra di mafia. Buscetta non è un traditore, almeno egli non si vede sotto quest'ottica. E' un uomo che ha visto il “suo” mondo criminale piegarsi ai morti ammazzati (e alla vendetta trasversale ai danni dei suoi figli – strangolati – e alla sua ignara famiglia). Bellocchio pone l'accento sul mondo della criminalità (ma non è un gansters movie) mostrando quel teatro tragico e grottesco del maxi processo dove il prim'attore Tommaso Buscetta accusa tutta la cricca dei suoi compari, condannandoli quasi tutti all'ergastolo e assicurandosi una vita sotto copertura per se e i suoi famigliari. Il film ha tanti piani di lettura che non lesina nemmeno nelle colpe dello Stato, soprattutto con il processo Andreotti, così farsesco da screditare del tutto le parole dell'ex “boss dei due mondi” (Italia e Brasile) condannandolo ad un declino patetico e solitario in terra americana. Con tante luci e ombre, Marco Bellocchio indugia forse un po' troppo nella “santificazione” di un uomo mai in piena luce, attore di se stesso e nel grande gioco di mafia, nel quale egli stesso faceva parte. Lasciando lo spettatore con un grande dubbio di chi fosse realmente Don Masino. Un opportunista o solo un uomo in crisi di coscienza?

Giudizio **1/2



(Giovedì 23 Maggio 2019)


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