 Il cinema... prima del cinema (contemporaneo) Once Upon a Time in Hollywood Omaggio romantico e malinconico della vecchia Hollywood
di Roberto Leggio Los Angeles 1969. Rick Dalton, attore arrivato al successo grazie ad un Western TV vede la sua carriera arrivare al capolinea. Rinunciatario di un progetto in Italia nei nuovi spaghetti-western, subisce il tramonto della vecchia Hollywood accentando, con riserva, di essere il cattivo (con cappello e senza cappello) in una nuova serie televisiva. Nella deriva della sua carriera lo segue la sua fidata controfigura Cliff Booth, anch'egli in crisi artistica, perché tacciato di essere l'omicida di sua moglie e attaccabrighe sui set. Entrambi vivono in simbiosi, unici amici in un mondo che cambia. Se il secondo vive in una roulotte con il suo fido Pitt Bull, il primo è vicino di Sharon Tate, attricetta in voga moglie del più affermato Roman Polansky. Mentre le ombre sempre più persistenti si allungano sul declino del “grande cinema americano”, le vite dei tre in qualche modo si intrecciano, finché in una notte d'Agosto i seguaci di Charles Manson non decidono di compiere una strage nelle villette di Cielo Drive...

Al cinema, con il cinema, per il cinema. L'amore sviscerato di Quentin Tarantino per la settima arte, trova in questo film la sua quintessenza. Ma non è detto che tutto sia oro che luccica. Il grande regista “riformatore” del cinema contemporaneo, capace di frullare sangue splatter con il grottesco, qui fa una brusca frenata. Nella sua “lapse of reason”, con una regia magistrale e una sceneggiatura dialogatissima dove accade poco e niente, il suo IX film, si incastona in quel periodo dove la vecchia Hollywood inizia a scricchiolare sotto l'avanzata del “nuovo cinema americano”, quello per intenderci che diede ossigeno a Sam Peckinpah, Monte Hellman, Francis Ford Coppola. Martin Scorsese, Steven Spielberg, George Lucas e molti altri. Ed è proprio da questo inciso che ruota la parabola “discendente” e poi “ascendente” (grazie al cinema italiano non solo western) di Rick Dalton, attore sul Viale del Tramonto con la sua fidata controfigura, factotum e unico amico Cliff Booth, immersi in quel periodo di declino a discapito delle produzioni televisive, dove come adesso, si avviavano a rivitalizzare una industria in affanno. Tarantino tira le fila di quel mondo non più d'oro, immergendoci nella realtà “fittizia” che solo il cinema può raccontare, per contemplare la cesura tra due tempi ben definiti, sulla quale si allunga le ombre di Charles Manson e la sua ghenga e la breve vita di Sharon Tate, bellissima moglie di Roman Polansky, uccisa nella mattanza di Cielo Drive, fotografata come “piccola” attrice in sboccio nel suo momento più felice. Once Upon a Time in Hollywood, incrocia destini, carriere, star system d'antologia (l'invidioso Steve MacQueen, il “bellicoso” ma “frangibile” Bruce Lee, ad esempio), piani narrativi, realtà e finzione e finzione nella realtà tributando un mix di vite parallele che si incroceranno in quella notte fatidica del 9 Agosto 1969, dove tutto cambiò per sempre. O forse no, almeno come la racconta Tarantino. Perché il cinema è proprio questo, reinventare il passato con una morale tutta sua, grazie ad una autosufficienza capace di cambiare vite, che si riflettono solo sullo schermo. Romantico e altamente malinconico, Tarantino guarda al futuro del cinema, ma la verbosità del suo nuovo film, non gli rende giustizia. C'era una volta a Hollywood resta solo un buon film, non il suo solito capolavoro...
Giudizio **1/2

(Martedì 24 Settembre 2019)
Home Recensioni  |