 Nei meandri della mentre, la chiave del labirinto L'uomo del labirinto Corridoi, porte, buio, un coniglio e morte...
di Roberto Leggio Samantha Andretti è stata rapina una mattina d’inverno mentre andava a scuola. Quindici anni dopo si risveglia in una stanza di un ospedale senza ricordare dove è stata né cosa le è accaduto in tutto quel tempo. Accanto a lei c’è un “profiler”, il dottor Green che le promette di aiutarla a ricordare, dato che una droga psicotropa iniettatale dal rapitore le circola ancora nel sangue alterandole la memoria. “E’ un gioco?” Ripete insistentemente Samantha. In una sorta di caccia al tesoro a scatole cinesi, a cercare il colpevole non è solo il dottor Green, ma anche Bruno Genko, un investigatore privato in procinto di morire tormentato dal senso di colpa per non aver saputo salvare la ragazza all’epoca del suo rapimento. In una girandola di indizi sempre più intricati ed inquietanti, la verità che viene a galla non è quella che ci si aspetta. Perché questa non è un’indagine come le altre: dietro a ogni segreto c’è sempre una menzogna. E dentro al labirinto, molti sono gli enigmi e tanti gli inganni. L’unica cosa assodata è che il colpevole va in giro travestito da coniglio. E trovarlo non sarà facile.

Fissiamoci bene in testa un'immagine: la maschera da coniglio con gli occhi a forma di cuore. Rossi. Malevoli. Terrorizzanti. Il punto di partenza è proprio un coniglio. Come quello che nella favola fa cadere Alice nel buco. Oppure quello oscuro e minaccioso che confida a Donnie Darko quanti giorni mancano alla fine del mondo. O, ancora, quelli silenziosi e grotteschi di Inland Empire di David Lynch. Donato Carrisi, scrittore italiano di thriller horror famosi nel mondo, alla sua seconda prova come regista di cinema, ci confida fin da subito di inseguire un coniglio. Esso ci porterà ai confini della mente umana, negli angusti corridoi di un labirinto senza uscita, verso le fiamme di un inferno, non del tutto metaforico. Nel simbolismo che il labirinto porta con sé, penetriamo come Minotauri nelle paure delle stanze chiuse (e dal ripetuto numero 23), cunicoli oppressivi e aggrovigliati, di un thriller cerebrale, complesso, mortifero e spesso inestricabile, dove forse la soluzione sta proprio nell'incipit: “La caccia non è la fuori, ma dentro la tua mente!” Ambientato in una città ai limiti del comprensibile, dove il fuoco ne brucia i margini ed il caldo soffocante attanaglia animi e corpi sudati; il film di Carrisi cerca la luce nel buio, calandosi (e calandoci) in un inferno di incroci mentali e dell'anima, dove è facile perdersi e non ritrovarsi più. Tanto inquietante, quanto contorto, spiazza lo spettatore negandogli una facile comprensione, impegnato com'è a stupire e confondere continuamente le traiettorie della trama. Manierista nella costruzione e stilizzato come le nuove serie televisive, L'uomo nel labirinto, si presta a giocare con le nostre paure più inconsce, godendo a suggerirci di non essere mai al sicuro, minacciati da mostri che spesso non notiamo alla luce del sole.
Giudizio ** ½

(Mercoledì 30 Ottobre 2019)
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