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Dreyfuss e Polanski, tempi diversi, stessa gogna...

L'ufficiale e la spia

Complotto, paranoia e discriminazione di un innocente


di Roberto Leggio


L'inarrestabile macchina del fango. Ai primi di Gennaio del 1895, l'alsaziano Capitano Alfred Dreyfuss, promettente ufficiale dell'Armée Française, viene degradato in una pubblica piazza e condannato all'ergastolo da scontare all'Isola del Diavolo, con l'accusa di spionaggio per conto della Germania. Fra i testimoni di questa umiliazione c'è George Picquart, che viene promosso a capo della Sezione Statistica, la stessa del controspionaggio militare che aveva montato le accuse contro Dreyfuss. Ma quando Picquart scopre che tipo di segreti stavano per essere consegnati ai tedeschi, in una presa di coscienza, viene trascinato in una pericolosa spirale di inganni che metteranno a rischio non solo il suo onore, ma la sua stessa vita.



Quanto è attuale il “Caso Dreyfuss” oggi? Tantissimo, in quanto si parla (come allora) della corruzione, la discriminazione razziale e del connubio perverso tra potere e opinione pubblica, nella “distruzione” (morale e fisica) di un uomo innocente, attuata a salvaguardia dello Stato, dell'esercito (in quel caso) e nella falsità delle accuse. Con una eleganza formale, Roman Polanski elabora le sue ossessioni (le periodiche accuse nei suoi confronti) filmando il dramma di Dreyfuss, capitano dell'esercito francese di fine ottocento accusato ingiustamente di spionaggio e alto tradimento; come se fosse se stesso. Il parallelismo è sottile, ma la trama è di una poetica drammaticamente disarmante. Ridotto dalla trama del bellissimo romanzo di Robert Harrys, la versione cinematografica di una “vergognosa” storia vera, è magia per gli occhi e cibo per la mente, con i suoi dialoghi affilati, la ricostruzione storica ineccepibile e la malignità inarrestabile della macchia del fango che sommerge non solo un “uomo”, ma anche la credibilità di una nazione intera. E alla fine, quando vengono riconosciuti gli eccessi e gli orrori di una giustizia “giustizialista”, con molta probabilità si ha il sentore che non abbia vinto nessuno. Polanski lo sottolinea senza mezzi termini costruendo un thriller che si poggia sulle spalle dell'ufficiale Picquart (potentemente interpretato da Jean Dujrdin), in forza nei servizi segreti, che andando oltre le proprie convinzioni (era antisemita) si pone in prima persona a fare luce sulle falsificazioni e su quella palese ingiustizia. In un attuale quotidiano di fake news, il film di Polanski è una vera accusa ad un sistema (im)perfetto capace di infamare chicchessia pur di salvare se stesso. Con il suo sguardo arguto ed intelligente, il regista polacco ci mette in guardia dal potere, che avido e famelico, è pronto a seminare odio nei confronti del diverso (qualunque esso sia). Cosa che nella culla della civiltà (la nostra grande Europa) è una macchia indelebile. Un sentimento (purtroppo) in perenne evoluzione.

Giudizio ***1/2




(Giovedì 21 Novembre 2019)


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