 Chi eravamo e cosa siamo diventati Gli anni più belli Amicizia, amore, successi e fallimenti di una generazione
di Roberto Leggio 1982. Roma. Giulio e Paolo hanno 16 anni e la testa piena di sogni. Durante una manifestazione studentesca salvano Riccardo che si è buscato una pallottola nella pancia, tanto da affigliargli il soprannome di Sopravvisù. Qualche tempo dopo al loro trio si unisce Gemma, biondissima ragazza con una situazione famigliare traballante, amata perdutamente da Paolo. La loro amicizia si rafforza negli anni, mentre la storia del mondo li impegna a sopravvivere agli eventi. C'è chi da difensore dei “poveracci” (Giulio – Pierfrancesco Favino) si ritrova grazie alla “discesa in campo” di Berlusconi ad abbandonare i propri ideali, chi vive di precariato (Paolo – Kim Rossi Stuart), chi vede i suoi sogni di giornalista franare inesorabilmente (Riccardo – Claudio Santamaria) e Gemma (Micheala Ramazzotti) per errori di sentimenti e strade sbagliate e si ritrova ad essere la più delusa del gruppo. Quarant'anni dopo, quando anche i tradimenti sono stati in parte sanate, si ritrovano a fare i conti della loro vita sul terrazzo a brindare al nuovo anno, ma anche alle “cose che ci fanno stare bene”. Perché la vita in fondo è un circolo e tutto quello che si è perso prima o poi ritorna.

C'eravamo tanto amati negli anni più belli. Il parallelismo con il capolavoro di Ettore Scola è evidente e Gabriele Muccino lo affronta a due mani, prendendolo di petto dirigendo un film simile ma complementare. Il prototipo raccontava di quattro amici (tre uomini e una ragazza, poi donna) che attraversano trent'anni di storia patrìa (la Resistenza, la ricostruzione, il boom economico, l'austerity degli anni '70) cavalcando le difficili “salite” e le “facili” cadute” di un'Italia che già mostrava i segni di un cedimento sociale ed economico. Oggi sono ancora quattro amici che dalle sparatorie politiche (1982, forse un po' forzato) si ritrovano nelle incertezze dei giorni nostri, dove la classe dirigente (figlia di Mani Pulite) è corrotta e la difficoltà di trovare un lavoro stabile è una chimera inarrivabile. Tre ragazzi, tre uomini e una ragazza poi donna, con le proprie speranze e aspirazioni che vedono i loro sogni vacillare e scolorirsi attraverso compromessi antitetici che faranno traballare il senso stesso della loro amicizia. L'ago della bilancia è Gemma, donna fragile, che naufraga da un decennio all'altro per colpa di scelte sbagliate, per poi comprendere che la vera felicità era stata già scritta per lei quaranta anni prima. Gabriele Muccino mette in scena la “sua” (nostra) generazione, figlia del boom economico che credeva nei miracoli ed invece si è scontrata con la stagnazione di un paese in perenne balia dell'incertezza in continuo cambiamento politico e sociale, sempre pronto a fagocitare i puri di cuore. Nipoti dei protagonisti di C'eravamo tanto amati, gli amici di Muccino assistono al fallimento della loro generazione o almeno per una parte di loro. Quell'altra, quella esemplificata nel personaggio di Giulio, è più realizzata grazie a “facilitazioni” e amicizie altolocate, ma che alla fine preferisce la semplicità della vita “reale” e concreta, capace ancora di andare a festeggiare su un tetto l'arrivo del nuovo anno, con la propria figlia, segnale inequivocabile di una “nuova” (speriamo) più generosa generazione. Romanzo Popolare, emozionante e commovente, il film di Muccino arriva diritto al cuore di quei cinquantenni arrivati a fare una analisi della propria vita passata, anche tramite gli errori in cui è facile incappare e dai quali è difficile porre rimedio. Alla fine resta un bilancio esistenziale, consolatorio e riappacificato di un gruppo di esseri umani, modellati dal destino, destinati ad essere unicum in un mondo a loro alieno.
Giudizio ***

(Martedì 11 Febbraio 2020)
Home Recensioni  |