 L'amazzone super eroina nell'era Reganiana ‘WONDER WOMAN 1984’ Da oggi sulle piattaforme digitali
di Roberto Leggio Il sequel di Wonder Woman vede Diana impiegata allo Smithsonian di Washington. Qui riconosce in una refurtiva di una strana rapina, un amuleto magico che può far avverare i desideri e le fa rivivere l'amore. L'amazzone salverà l'umanità lottando contro un avido cattivo Maxwell Lord, un truffatore che, rubato l'oggetto, riesce a trasformare se stesso nella pietra diventa un realizzatore di sogni.
Meno Wonder più Woman. Ambientato nel 1984 in tempi reaganiani e lampi di Perestrojka, pantaloni con le pinces, sciarponi, giacche con le spalline e "il mondo nella sua ostrica" dei Frankie Goes to Hollywood; l'eroina semidea proveniente da un'isola perduta nel mediterraneo, lavora come archeologa e si dispera (dopo 60 anni e rotti) per il suo amore 'deceduto' durante la prima guerra mondiale. Basta questo lungo incipit a capire dove vada veramente a parare la seconda versione cinematografica di Wonder Woman, super donna con la frusta femminista a stelle e strisce venuta a porre l'accento sulla forza femminile nei confronti della mascolinità, sempre e perennemente alla ricerca del successo a tutti i costi e salire inevitabilmente sul gradino più alto di qualsiasi podio. La sua controparte e un omuncolo senza arte e ne parte, molto simil Trump, che sogna di essere un Dio capace di elargire ogni desiderio possibile. Siamo nell'imperioso edonismo reaganiano dove il rampismo e l'accettazione dell'avere è un potere da non sottovalutare.

Gad Gadot in una scena del film Il propulsore del film però e compresso tutto nella seconda parte, dove la donna super scongiura lo scontro finale tra Russia e America, visto ormai come un mitizzazione anacronistica. E lo sbilanciamento è evidente, grazie ad una sceneggiatura troppo sfrangiata (troppo ragionata?) che fatica ad arrivare al punto di svolta. Importante è la metafora di fondo: è meglio essere noi stessi e non una caricatura pompata di quello che vorremmo essere. Questo secondo episodio paga pegno di essere più terreno che superomistico. Wonder Woman, donna lanciata ad amare il prossimo, perde forza e qualche volta i poteri perché come una grande madre deve raccogliere i cocci di una umanità non ancora pronto da accettare la superiorità femminile. Cosi il film diretto Patty Jenkins e scritto a quattro mani dalla regista insieme a Geoff Johns & Dave Callaham, se pur molto più fumettoso e laccato del precedente; appare sgonfiato e in parte poco incisivo. Forse perché dagli anni '80, saccheggiati fin troppo nei colori e nella loro evanescenza, neanche la regina delle Amazzoni ne esce viva.
Giudizio **

(Venerdì 12 Febbraio 2021)
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