 Tuta nera, pugnale, occhi di ghiaccio e tanta noia Diabolik Re del Terrore, privo di pathos
di Roberto Leggio Clearville, anni ‘60. Diabolik, ladro privo di scrupoli e di cui nessuno conosce la vera identità, ha portato a segno un altro colpo, sfuggendo anche questa volta con i suoi abili trucchi agli agguati della polizia. Intanto in città c’è grande attesa per l’arrivo di Lady Kant, affascinante ereditiera che porta con sé un famoso diamante rosa. Il gioiello, dal valore inestimabile, non sfugge all’attenzione di Diabolik che, nel tentativo di impadronirsene, rimane però ammaliato dal fascino irresistibile della donna. Ma ora è la vita stessa del Re del Terrore a essere in pericolo: l’ispettore Ginko e la sua squadra hanno trovato finalmente il modo di stanarlo e questa volta Diabolik non potrà salvarsi da solo. Inizia così la storia oscuramente romantica tra Diabolik ed Eva Kant. Un sodalizio e un amore che faranno da sfondo a mille pericolose avventure.

Luca Marinelli nei panni di Diabolik
Tuta nera, pugnale e occhi di ghiaccio. L'immagine di Diabolik, il re del terrore, geniale ladro trasformista, crudele con i nemici e delicato amante con Eva Kant (donna di classe ma non statuina di gesso) ri-torna al cinema. Mancava da 50 anni, da quando Mario Bava, impressionato dal successo editoriale 'inaspettato' del primo fumetto 'criminale’, con un eroe cattivo e omicida, decise di portarlo sullo schermo. Le sorelle Giussani lo inventarono per i pendolari che affluivano nella Milano non ancora da bere. Un 'giallo a fumetti' grezzo con inchiostri molto contrastati per rendere ancora più cupa l'ambientazione in uno stato tipo Svizzera, da rapinare ma in fondo abitata da ricconi e delinquenti senza remore. Rifacendosi allo spirito pop del tempo (gli anni '60 forieri di nuovi ricchi e con uno slancio noir alla Hitchcock), i Manetti Bros. ripropongono il criminale in calzamaglia nera tenendosi più fedeli possibile alla sue 'malefatte' di carta. Quindi recitazione legnosa, dialoghi tagliati con l’accetta e una trama un po' troppo didascalica e traballante, incapace di coinvolgere e priva di qualsiasi tensione. La vicenda è presa più o meno dal mitico numero 3 della serie (l'arresto di Diabolik compreso il suo remake e riaggiustamento), nel quale l'uomo dagli occhi di ghiaccio e dal coltello affilato, incontra Eva Kant, donna spavalda dal passato oscuro che si innamorerà di lui e diventerà (molto in anticipo sui tempi) sua complice e non solo effige di bellezza da cartolina. Lo sforzo e la buona volontà dei due fratelli romani è evidente, ma sono i tempi ad essere sbagliati, in quanto l’effetto nostalgia alla fine annoia e non poco. Non basta ricreare con lo split screen un comic vivant, frammentando la narrazione con dei personaggi ognuno chiuso nei propri ruoli unidimensionali e cercare di fare spettacolo e piacere ad un pubblico ormai più smaliziato e più esigente. E soprattutto come faranno le nuove generazioni a farsi “piacere” un prodotto lontano anni luce dai Marvel Movies, dinamici fumetti zeppi di effetti speciali e con trame che potrebbero essere realistiche? Il Diabolik impersonato da Luca Marinelli è l’antitesi di un qualsiasi film poliziesco, dove perfino l’azione latita e l’ispettore Ginko (uno sprecato Valerio Mastrandrea) è costretto a restare perennemente con un mucchio di mosche in mano. Si salvicchia un po’ Mirian Leone nei panni di Eva Kant, chignon biondo e classe da vendere ma anch’essa ingabbiata in un personaggio congelato nel tempo. Il coltello vola per uccidere ma alla fine non resta nemmeno il suono swiiss.
Giudizio: *

Miriam Leone nelle vesti di Eva Kant
(Mercoledì 15 Dicembre 2021)
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