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Terrorismo proletario e resistenza “benestante”

Ero in guerra e non lo sapevo

Un uomo resistente alla catarsi degli eventi


di Roberto Leggio



Milano, fine anni ‘70. Pierluigi Torregiani, un gioielliere che si è fatto da sé, subisce un tentativo di rapina in cui muore un giovane bandito. Non è stato lui a sparare, ma molti giornali lo accusano di essere un giustiziere borghese. La tensione politica dell’epoca lo rende un obiettivo perfetto per i PAC, gruppo di terroristi guidato da Cesare Battisti, che individuano in lui un colpevole da punire. Torregiani e la sua famiglia ricevono minacce di morte: il pericolo è così concreto che gli viene assegnata una scorta. Ma nonostante le intimidazioni, l’uomo rifiuta la protezione della polizia in nome della libertà di poter continuare nel suo lavoro e nella sua solita vita senza impedimenti.

Francesco Montanari in una scena del film


Il calvario di una generazione, gli anni di piombo, la lotta armata, vittime e carnefici, in un periodo controverso. E difficile oggi guardare indietro agli anni '70 e ricordare cosa visse un paese diviso tra terrorismo e lotte politiche. Proletari contro il cosiddetto "benessere" di una fetta di cittadini arricchitisi con molti sacrifici. Il senso imprenditoriale come cancro del bene comune. L'omicidio di Pierluigi Torreggiani da parte dei P.A.C. (proletari armati per il comunismo) echeggia ancora oggi come l'esecuzione maxima di chi, per testardaggine e diritto civile, divenne un bersaglio per aver tentato di sventare una rapina finita in tragedia. Il film di Fabio Resinaro racconta l'ultimo mese di questo gioielliere, messo sotto assedio da un gruppo di terroristi che lo reputarono responsabile della "vittoria" della borghesia nei confronti di combatteva contro lo stato. Un personaggio ambiguo e sopra le righe, che rifiutò l’etichetta di vittima, diventato tale grazie ad un certa stampa che puntava al sensazionalismo. Francesco Montanari (accento e caparbietà milanese) entra nella pelle di Torreggiani caricandolo con troppa legnosa “partecipazione” di uomo, padre di famiglia poco preoccupato di essere diventato un bersaglio. Girato come un thriller sociale, con un linguaggio più televisivo che cinematografico, tratto dal libro di suo figlio adottivo Alberto Debrazzi Torreggiani; che in quell’attentato si buscò una pallottola di rimbalzo e lo costringe tutt’ora su una sedia a rotelle; pecca di eccessivo didascalismo, mostrando il martirio “inevitabile” di un uomo senza mai arriva al cuore del problema. Il terrorismo è solo sfiorato e mai analizzato a dovere, in quanto si colpevolizza da subito la lotta armata, ma non le problematiche che portarono ad essa.

Giudizio: **



(Lunedì 24 Gennaio 2022)


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