 L’età dell’innocenza e della presa di coscienza Belfast Biografia, agrodolce, di un regista che verrà.
di Roberto Leggio Belfast 1969. Il piccolo Buddy vive con la mamma e il fratello maggiore in un quartiere abitato da protestanti e cattolici. Sono vicini di casa, amici, compagni di scuola, ma c’è chi li vorrebbe nemici giurati e getta letteralmente benzina sul fuoco, alimentando un conflitto religioso, distruggendo le finestre delle case e la pace della comunità. La famiglia di Buddy, protestante, si tiene fuori dai “trouble”, non cade alle lusinghe dei violenti e attende il ritorno quindicinale del padre da Londra, dove lavora come carpentiere. In questo contesto Buddy vive la sua vita di ragazzino, compiendo marachelle e rifugiandosi nei cinema a vedere film western, che nella sua mente diventano volano di risposte e crescita interiore. Mentre la situazione si fa ogni giorno più critica, Buddy comprende che emigrare è una grande tentazione, ma come si fa a lasciare l’amata Belfast, i nonni con i loro preziosi consigli di vita e di amore, l'amichetta Catherine del primo banco (e forse del primo amore)?

Omaggio al luogo del’anima, Kennet Branagh dirige il suo film più personale, che parla di fanciullezza, della vecchiaia e di una musica scordata dai più (Van Morrison su tutti); ricordando la sua infanzia con un pizzico di nostalgia nella città che gli diede i natali e che gli permise di vivere momenti indimenticabili. Oltre la biografia, Belfast è un viaggio magico e sognante di un ragazzo che cresce nei giorni in cui l’intolleranza tra fazioni religiose infiammano il piccolo mondo in cui vive con la famiglia. Buddy, il novenne al centro della storia potrebbe essere Kennet Branagh. O forse è lui veramente. Un po' come in Nuovo Cinema Paradiso di Tornatore, il ragazzino, vive la sua vita spensierata trovando nelle immagini in movimento sullo schermo di un sala di periferia (o davanti allo schermo di un vecchio televisore) il senso della sua crescita interiore, trovando tutte le risposte nei vecchi film western di cui si ciba. E l’essenza del regista che diverrà, è immortala nella sequenza in cui la luce del proiettore si diffonde alle sue spalle in alto sulla sua testa. Così la realtà si fonde con la fantasia e viceversa, compiendo un vero transfert che solo la settima arte può dare. Drammatico, a volte comico, a volte fiabesco il film del regista inglese è molto di più di un romanzo di formazione. Mostra la vitalità di ragazzino nato e vissuto in una strada di Belfast in quell'età in cui tutto è straordinario. Anche se attorno a lui si spaccano le vetrine e i protestanti distruggono gli averi dei cattolici. Gli scontri armati veri (quelli dell'Ira per intenderci) sono li a venire, ma Buddy li vive in maniera innocente. Resta la solidità della famiglia con un padre che lavora in Inghilterra e che torna ogni quindici giorni, una madre dolce, severa e ben salda sulle gambe e l’inalterabile amore dei due nonni, fonte per lui di grande saggezza. Perché le proprie radici sono importanti e anche se si è andati a cercare fortuna da un’altra parte, non si possono sradicare. Restano sempre salde.
Giudizio: ****

(Giovedì 24 Febbraio 2022)
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