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Il regista, il fotografo, e i ricordi di due sopravvissuti…

Polansky, Horowitz; Hometown

Sublime testamento poetico di un documentario “necessario” da oggi in sala


di Roberto Leggio


Da quando Roman Polansky ha lasciato Cracovia per diventare un maestro della regia e Ryszard Horowitz è fuggito a New York per perseguire la sua straordinaria carriera nel campo della fotografia, non hanno mai avuto la possibilità di rivedersi in Polonia. Ora dopo 50 anni, tornano sui luoghi che li hanno resi quelli che sono oggi. Camminando per le strade di Cracovia, i due amici ripercorrono il loro passato ricordando i momenti difficili della loro vita durante l’Olocausto, quando si incontrarono nel ghetto ebraico costruito dai nazisti. I due ripercorrono storie di sopravvivenza: Horowitz divenne uno dei più giovani salvati da Oskar Schlinder e Polansky, dopo essere fuggito dal ghetto, si nascose in un piccolo villaggio nella casa di una povera famiglia contadina.


Roman Polansky come non lo avremmo immaginato. Bambino ebreo polacco di Cracovia sopravvissuto al nazifascismo, al ghetto dal quale fuggi e dai ricordi dolorosi di una infanzia mozzata. Hometown e un ritorno a casa dopo 50 anni, il quale diventa viaggio a ritroso a quel passato, ad mondo che (per fortuna) non esiste più e che lo ha reso l'uomo che è adesso. oltre il maestro di cinema, oltre i premi, i successi; ma solo un essere umano pacificato. Con il suo amico Ryszard Horowitz, direttore della fotografia di capolavori del cinema, salvato da Oskar Schlinder da Auschwitz e conosciuto ai tempi della scuola, i due amici attraversano Cracovia in una lunga passeggiata durante un giorno di pioggia. Entrambi tornano a ritroso alla loro 'infanzia' rubata. Su entrambi grava il ricordo del ghetto racchiuso da un muro infame. Poi i ricordi prendono il sopravvento: le piccole fughe che sanno di fiaba per andare a comprare francobolli, la vita in campagna lontano dell'orrore in casa di poverissimi contadini, gli aerei americani e la fine della guerra per Polansky; il calore famigliare, il campo di sterminio, la salvezza “impensabile” per Horowitz. Davanti la telecamera di Mateusz Kudla e Anna Kokoszka-Romer si mostrano gioviali, pieni di spirito, anche quando devono raccordare momenti più intollerabili. Polansky racconta a raffica, Horowitz, invece, pondera i ricordi dell’amico, ne pesa le parole e le traduce in maniera filosofica. I due registi li seguono, li sondano, li riprendono scomparendo ai loro sguardi, realizzando un istant movie intimo, senza orpelli e costruzioni, che non è solo un salto nel passato di due ragazzi cresciuti troppo in fretta, ma è anche un apologo sulla brutture della guerra, della razza umana “che resta crudele e che non impara dai propri errori”. Un sublime testamento poetico per cancellare certi fantasmi del passato e poter di dire infine che la vita, nonostante le storture è un bene inestimabile e va vissuta con leggerezza e con molta ironia..

Giudizio: ****



(Mercoledì 25 Gennaio 2023)


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